mercoledì 16 luglio 2025

Carlo Cottarelli: “Il riarmo che chiede la Nato costa 350 mld e non è giustificato”

 

“L’impressione è che siano numeri piovuti dall’alto, senza una chiara spiegazione. Diciamo che quella ufficiale non mi convince molto”.

L’economista Carlo Cottarelli, ex Fmi, ora direttore dell’osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica, è assai perplesso sui nuovi obiettivi Nato sulla spesa militare decisi al vertice dell’Aja.

Da dove nascono i dubbi?

Un aumento della spesa militare era fisiologico, la questione qui sono le dimensioni eccezionali. Questi obiettivi comportano un enorme incremento della spesa per la difesa. Alcuni peraltro non sono chiari. Il 3,5% del Pil in più entro il 2035 lo è, perché conosciamo la definizione della spesa regolare che dà la Nato.

Cosa invece rientri nell’1,5% di spese legate alla “sicurezza” no: potremmo anche scoprire che non è tutta aggiuntiva.

Di che ordini di grandezza parliamo per l’Italia?

A prezzi e Pil di quest’anno, arrivare al 3,5% significa spendere 44 miliardi in più, 50 se consideriamo che nel frattempo il Pil dovrebbe aumentare. Meno se ci prendono per buona la riclassificazione di certe spese per cui già ora siamo al 2% del Pil invece dell’1,6% di cui Crosetto parlava a novembre.

Chi vuole ridimensionarne la portata dice che si tratta di qualche miliardo in più l’anno...

Ovviamente è una spesa che si cumula. Fatto sta che, fra dieci anni, dovremmo avere un livello di spesa di 44-50 miliardi più alto di quello attuale. Se poi cumuliamo la maggiore spesa su dieci anni si arriva a 350 miliardi. Tutto debito in più, se non si trovano altre fonti di finanziamento.

Un aumento giustificato?

L’ultima volta che abbiamo speso il 3,5% del Pil in difesa era il 1954, era appena finita la guerra di Corea e c’era l’unione sovietica, che aveva una popolazione pari al 54% di quella dei Paesi Nato. Se l’avversario oggi è la Russia, mi chiedo che senso ha spendere così tanto, visto che ha una popolazione pari al 16% di quella Nato, una spesa militare inferiore a quella dell’Ue e in tre anni non è riuscita a

sconfiggere l’Ucraina, ben armata. Che, fra l’altro, starebbe dalla nostra parte in caso di una guerra.

Qualcuno direbbe che sta sottovalutando la minaccia russa.

Dobbiamo essere razionali. Il rischio che Putin attacchi un Paese Nato non è zero, ma non è certo altissimo. Non vedo la necessità di portare la spesa a un simile livello per creare un effetto deterrente verso Putin. Non è un avversario per cui spendere il 3,5% del Pil in armi. Un aumento ci stava, ma non è chiaro perché doveva essere così forte.

Quale avversario lo sarebbe?

Ragionando in termini di dimensioni, lo è molto più la Cina, che ha raggiunto livelli economici pari agli Usa e questo inizia a creare attriti inevitabili. Al momento però non ha atteggiamenti aggressivi né mi pare che ci sia questo ragionamento dietro i nuovi obiettivi.

È credibile che questa spesa aggiuntiva sia finanziabile senza ridurre welfare o altre spese sociali?

L’attacco russo è un rischio basso, che non vale una spesa simile.

Serviranno tagli e più tasse.

È evidente che non si può finanziare a debito, nemmeno in parte, anche perché è una spesa permanente. I soldi andranno trovati altrove: con aumenti di tasse o tagli alla spesa.

Però la spesa in riarmo ha impatti sul Pil.

Potrebbe averli nel breve periodo dal lato della domanda, come qualunque tipo di spesa, ma non siamo in alta disoccupazione e quindi sarebbero contenuti. In ogni caso, gran parte della spesa militare non aumenta la capacità produttiva del Paese, e quindi il Pil potenziale. Peraltro distoglierebbe migliaia di lavoratori da altri impieghi, un azzardo che non credo possiamo permetterci. A meno che non ci si voglia solo indebitare verso gli Usa. Negli ultimi anni l’80% della spesa Ue in armamenti è finita in import dagli Stati Uniti. La prima cosa da fare sarebbe ridurre la frammentazione della spesa europea, coordinando gli acquisti e i sistemi d’arma.

Oggi spendiamo male. Poi nei nuovi target Nato mancano vincoli chiari nella composizione della spesa. L’Italia, per dire, spende ancora il 60% del budget per il personale, peggiore tra i Paesi Ue.

Non c’è anche un tema etico?

Non considero la spesa militare immorale. Occorre difendersi e la deterrenza è importante. Ma in questa e in altre aree di spesa pubblica è sbagliato (se vogliamo immorale) spendere più di quanto necessario e, da quello che ho visto, non sono convinto che spendere il 3,5% del Pil per la difesa sia necessario in Italia.

 

Carlo Di Foggia (da “Il Fatto Quotidiano” de 27/6/25)