lunedì 28 febbraio 2011

IL VANGELO DELLA LIBERAZIONE

Riflessione sui i testi della 8ª Domenica Comune A di Marcelo Barros, teologo della liberazione.

Dal Vangelo secondo Matteo 6,24-34.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «24Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

 “ Lascia le tue ansie alla soglia del sonno, lascia le preoccupazioni, le afflizioni, le amarezze, per non stancarti, come se dormissi, con scarpe, vestito e cappello…”
                                                ( Dom Herder Camara)

Celebriamo questa domenica in comunione con migliaia di persone povere e principalmente giovani, che in Libia corrono il rischio di vita lottando pacificamente per la libertà e i diritti umani. Quest’anno 2011 è consacrato dall’ ONU ai popoli dell’Africa. Viviamo questa domenica e questi giorni in comunione speciale con tante persone che hanno perduto i loro figli e i loro fratelli e proseguono comunque  nel loro cammino domandando un mondo altro, un mondo possibile. In Italia, ci sono delle persone preoccupate per la situazione  della Libia e del nord d’Africa, per paura che questa situazione possa avere conseguenze negative e ricadute sui Paesi europei. L’Italia sembra più preoccupata degli arrivi dei profughi sulle proprie coste che del loro incerto destino.
In Brasile, delle innondazioni terribili hanno lasciato migliaia di persone in  una situazione di vita piu precaria di prima e ci sono molti che vivono in aree considerate a rischio. 
In questo contesto, la Parola di Dio oggi è per noi un vero vangelo (cioè una buona novella) perchè ci dá la promessa che possiamo contare  sulla presenza invisibile di Dio nelle nostre lotte, tanto per la vita quotidiana, come per il cammino sociale. Nella prima lettura (Is 49, 14- 15), in una epoca di esilio e di  grande sofferenza per il popolo, un discepolo de Isaia presenta Dio come una madre che non si dimentica e non  abbandona i suoi figli/e in situazione di rischio.
Nel Vangelo (Mt 6, 24- 34), la comunità di Matteo mette sulla bocca di Gesù una serie de avvertenze che sembranno fuori dalla realtà. Come  possono infatti le persone in una situazione di rischio non preoccuparsi? E una madre povera come non  si domanderà il modo  per    alimentare o vestire i suoi figli? In questi dieci versetti  del discorso della montagna, Gesù per sei volte ripete alle persone di non preoccuparsi. E al all’ansia del preoccuparsi  suggerisce di rispondere di occuparsi , di prendesi cura, cioè di  cercare il regno di Dio e la sua giustizia. E ricorda che se cerchiamo il regno (in usato senso dobbiamo ocuparsi), tutte le cose di cui  abbiamo bisogno  ci saranno date in aggiunta (v. 33).
A partire del Concilio Vaticano II, si è sviluppata una coscienza più matura che la missione della Chiesa significa servire l’umanità e non vivere invece in funzione di se stessa. Questo servizio semplice, povero e desinteressato è una testimonianza della ricerca del regno di Dio, cioè  del progetto di Dio in questo mondo: vita degna, giustizia, pace e comunione con l’ universo. In questa prospettiva, nella seconda lettura di oggi, Paolo si presenta come “servitore” e curatore dei misteri di Dio. Il mistero di Dio è la realizzazione del suo progetto nella nostra vita e nella vita del mondo. Nella 2° conferenza generale l’ episcopato latinoamericano in Medellín, Colombia, (1968) i vescovi hanno proposto: “Dobbiamo sempre presentare un volto di  Chiesa povera, missionaria e pasquale, consacrata alla liberazione  di tutta l’ umanità e di ogni essere umano nella sua integralità” (Conclusioni di Medellin, 5, 15). 
Molte volte, in mezzo a una realtà di mondo e di Chiesa che può sembrare molto rigida o poco disponibile al rinnovamento , rischiamo di sentirci pre-occupati/e e ansiosi/e. La buona novella di Dio ci domanda di avere fiducia e di continuare nel servizio e nella missione del regno. In questo mondo ci invita anche a  cercare di vedere che il progetto divino si sta realizzando in mezzo a tutte le contradizzioni della vita. Non siamo costretti a credere in una visione provvidenzialista  che aspetta degli  interventi  miracolosi  di Dio dentro la storia come forza  di tipo soprannaturale. Ma siamo invitati anche ad aprire i occhi per vedere l’energia d’ amore che  si respira in  tante persone e gruppi i quali sanno dare tutto di sé stessi per cambiare il mondo e  per servire la vita e la felicità di tutti.
In un altro contesto, un poeta brasiliano ha scritto: “Se non possiamo adesso mangiare i frutti che attendevano, speriamo che almeno  le foglie ci proteggano dal sole. Se anche le foglie mancheranno, contempleremo l’albero che cresce. Se non possiamo contare nemmeno sull’albero , prenderemo i semi. Piantiamo i semi nella terra  per avere degli  alberi per il futuro ”.