venerdì 28 ottobre 2011

UN INVITO ALLA LETTURA

VITO MANCUSO, Io e Dio. Una guida dei perplessi, Garzanti Editore, Milano 2011, pagg. 492, € 18,60.

Ho letto alcune stroncature di questo libro che davvero non ho condiviso. Altri ne hanno fatto una celebrazione enfatica, come se si trattasse di un libro che rifonda la fede.

In realtà, l’Autore sa onestamente ascoltare le domande che emergono dal mutato contesto storico, dalle scienze, dalle ricerche teologiche e soprattutto dalle coscienze: una dote tanto preziosa, quanto rara.

Anziché cadere nella tentazione di comporre una sintesi teologica, Mancuso affronta alcune questioni che sono ineludibili. Tra queste la “questione Dio”, che alcuni ideologi dell’ateismo militante che vanno per la maggiore, hanno liquidato in modo piuttosto sbrigativo.

E’ davvero difficile trovare in queste pagine delle vere novità. Cresciuto alla scuola di Schillebeeckx, Kung, Rahner e dei teologi del pluralismo religioso, tutto questo discorso sulla fede, la religione, la scienza, l’ermeneutica mi è parso persino scontato.

Soprattutto ho sentito mancare 50 anni di pensiero femminista, di riflessioni del dissenso cattolico, dei movimenti “marginali” e delle teologie queer.

Ma “Io e Dio” non significa affatto per l’Autore, a mio avviso, la sottovalutazione della dimensione comunitaria. Essa, infatti, è ben presente in ogni capitolo del libro.

Mancuso in questo lungo itinerario sottolinea quanto sia fondamentale esporsi in prima persona, anziché nascondersi dietro una appartenenza ecclesiale che non coinvolga la vita personale sul piano etico: “essere unito alla compagine visibile dell’istituzione Chiesa cattolica mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico, non garantisce per nulla che si segua il messaggio di Gesù; e viceversa, criticare, criticare l’istituzione Chiesa cattolica disobbedendo ad alcune direttive della gerarchia, non significa con ciò stesso allontanarsi dal vero cristianesimo. Essere cattolico non significa essere necessariamente cristiano” (pag. 204). Non è l’obbedienza, ma l’autenticità la vera discriminante.

Sono significative alcune sottolineature, alcune annotazioni sull’esigenza di nuovi linguaggi della fede e sui guasti del cristianesimo dogmatico, dottrinario, di facciata (pag. 195).

Su questo punto la riflessione di Mancuso è ancora modesta e troppo tardiva.

Mi piace tanto il fatto che l’Autore, con candore e rigore esprima esplicitamente la sua fede in Dio, “principio e porto” accogliente e finale di ogni creatura.

Il lettore e la lettrice troveranno pagine documentate sull’Inquisizione, sull’oscurantismo dell’istituzione gerarchica: cose più o meno note, ma spesso messe nel dimenticatoio.

Forse l’intento dell’Autore è quello di condurci, a mio avviso, a rimettere in piena coscienza e a dare visibilità ad una fede-fiducia radicale in un Dio che ci spinge inarrestabilmente ad una nuova visione del mondo, ad una nuova “cura” del creato. Un ottimismo tutt’altro che ingenuo, una proposta impegnativa. Buona lettura, dunque, a chi non è sazio di risposte e vive sorretto dalla passione della ricerca.

 

Franco Barbero