venerdì 28 ottobre 2011

UN RICORDO PERSONALE

 E’ sempre difficile ricordare le persone con cui, anche a distanza, si sono condivise passioni, ricerche e lotte.

Sentii parlare di Enzo Mazzi.nel 1968, quando io ero già caduto in disgrazia ecclesiale nella mia chiesa locale: ero stato espulso dall’insegnamento in seminario a causa di alcune prese di posizione sul franchismo e sul Vietnam.

La figura di don Mazzi e ciò che stava avvenendo a Firenze mi interessò. Ero allora alla ricerca di persone che significassero che il Concilio era vivo, che tutto poteva proseguire. Da allora ho sempre visto in lui lo sforzo, direi e sottolineerei riuscito, di vivere una fede incarnata. La messa in piazza, per esempio, ne fu l’espressione e anche il simbolo. La comunità dell’Isolotto, che nacque, visse e vive con don Enzo e con don Sergio, per me è sempre stata attenta ai cambiamenti, l’ho sempre vista nutrita di lotta e di vangelo. Mettere insieme queste due realtà, l’impegno e la fede. Ovviamente la chiesa dei palazzi non ha mai amato la piazza, se non per farne lo spazio di imperiali spettacoli sacri, di trionfi. Don Mazzi e l’Isolotto mi ricordano che lontano dalle strade, dalle piazze, in cui si sentono le voci della vita, delle persone vere, Dio diventa un pretesto, un’ideologia e la fede intisichisce e diventa una religione che opprime. Questo ha significato per me in questi anni l’Isolotto: la fede dentro la realtà. E poi, per dirla proprio con il cuore, per me è sempre bello, ancora mi suscita speranza e fiducia, constatare che esistono delle donne, degli uomini e dei preti come don Enzo Mazzi, che non si lasciano ingabbiare dai recinti sacri, che non si lasciano comperare. E’ difficile nella chiesa non lasciarsi comperare. Bisogna proprio credere nella libertà e bisogna amare la gente, come diceva spesso don Enzo. 

Franco Barbero