mercoledì 29 gennaio 2014

DA PIERO CALAMANDREI A ROBERTO CALDEROLI E DENIS VERDINI

 La decadenza culturale, etica, morale, sociale, politica, economica, può essere riassunta nel tragico passaggio, di fatto avvenuto, tra chi ha voluto ed elaborato le leggi elettorali.ù Da una parte Piero Calamandrei, uno dei massimi esponenti della Consulta Nazionale e dell'Assemblea Costituente in rappresentanza del Partito d'Azione. Per quanto riguarda la legge elettorale, Calamandrei aveva proposto una repubblica presidenziale con "pesi e contrappesi", come negli Stati Uniti, o un sistema di premierato sul modello Westminster britannico, per evitare la debolezza dei governi, come si verificò poi puntualmente durante la storia della repubblica, e, allo stesso tempo, impedire la deriva autoritaria insita sia nel troppo potere, sia nel disordine delle istituzioni, come era avvenuto col fascismo. Nonostante ciò, difese sempre la repubblica parlamentare e la Costituzione, così come erano uscite dal dibattito democratico nella Costituente. Dall'altra parte Roberto Calderoli e Denis Verdini, entrambi asserviti agli interessi di Silvio Berlusconi, con la collaborazione passiva di Matteo Renzi. Certo che involuzione qualitativa peggiore non poteva capitare all'Italia. Il cavadenti e il macellaio (con tutto il massimo rispetto per i macellai che si limitano a fare il loro lavoro) diventato banchiere, pluri inquisito come il suo capo, che formalizzano una ipotesi di legge elettorale, che dovrebbe sostituire il porcellum di Calderoli dichiarato incostituzionale, elaborando un "porcellinum" che peggiora la precedente "porcata", ma soddisfa i punti cardini pretesi da Berlusconi che non vuole il voto di preferenza, riservando a se stesso il diritto di nominare gli schiavi che andranno in Parlamanto a tutelare gli interessi suoi e delle aziende di sua proprietà Si tratta di una trappola, forse volutamente incostituzionale, per dilatare nel tempo l'impostazione definitiva che dovrebbe portare l'Italia ad essere amministrata secondo la volontà degli elettori e del popolo sovrano, trappola nella quale Renzi è cascato per ingenuità, per desiderio esibizionistico, o, peggio, pere connivenza. A Berlusconi serve guadagnare tempo, in modo da rimandare l'esecuzione della sentenza di condanna e l'assegnazione ai servizi sociali, ma sarebbe più equo se fosse inviato agli arresti domiciliari per metterlo nella condizione di non nuocere. L'errore madornale di Renzi è stato proprio nell'aver contraddetto una sentenza passata in giudicato, offrendo al pregiudicato Berlusconi una platea di importanza da cui la condanna lo aveva escluso. L'interdizione ai pubblici uffici avrebbe questo senso, di non concedere spazio attivo nelle decisioni politiche, avendo già dimostrato la sua perniciosità. Ma Renzi non è stato d'accordo e si è sostituito ai magistrati dei tre gradi di giudizio, assolvendo, di fatto, il pregiudicato dalle sue colpe e rimettendolo al vertice decisionistico, come se, senza la fattiva presenza dell'ex senatore, ex presidente del consiglio, ex incensurato, non fosse possibile uscire dal pantano in cui lo stesso pregiudicato ha gettato l'Italia.
Rosario Amico Roxas