sabato 14 giugno 2014

LA RIVOLUZIONE ORMAI È "GLOBAL"


"Lesbiche, omosessuali, bisessuali e transessuali, non siete soli. Ogni attacco a voi è un attacco ai valori universali dell'Onu". È marzo del 2012 quando Ban Ki-Moon mette la lotta contro la discriminazione delle persone LGBTQI (Q sta per queer, I per intersexual) tra le priorità della sua agenda. L'atto è dovuto: l'omosessualità è penalizzata in 76 Paesi, in 38 si paga con la prigione, in 7 con la morte. Diritti gay? No, diritti umani.

Frédéric Martel, ricercatore e scrittore francese, ha viaggiato per 5 anni in 45 Paesi, dall'Europa agli Usa, dalla Giordania all'Iran, da Cuba al Brasile, per studiare la globalizzazione gay e l'inarrestabile coming out di milioni di persone di tutti i colori, molti di più di quelli dell'arcobaleno. Il risultato è Global Gay (Feltrinelli, pp. 328, euro 18): diario di viaggio, mappamondo di locali gay, inchiesta sociale, manifesto politico.
Martel parte da una domanda che può essere urticante: la lgay è l'esportazione di un'America way of life? Da Stonewall a Harvey Milk, dai cow-boy di Brokeback Mountain all'inno di Lady Gaga Born this way, l'America diventa vessillo di una rivoluzione in atto nei cinque continenti. Colonialismo democratico? Poco interessato alla letteratura accademica, Martel non ne fa cenno, ma un dibattito sull'impatto dei gay rights occidentali sulle culture non occidentali è in corso da tempo. Al punto che nel 2010 la filosofa statunitense Judith Butler decide di rifiutare il pregio al coraggio civile conferitole al Berlin Christopher Street Day, indicando la causa del suo rifiuto nel problema dell'omonazionalismo (che definisce un'internazionale gay e lesbica che promuove in modo globalizzato le culture gay dell'Occidente, sovrapponendo il proprio modello alle altre esperienze sociali e culturali). Per letture argomentate sul tema consiglio Terrorist Assemblages: Homonationalism in Queer Times di Jasbir Puar (Duke University Press) e il saggio post-coloniale Desiring Arabs di Joseph Massad, protégé di Edward Said (Chicago University Press).

Non sfugge la mutazione antropologica, direbbe Pasolini, di comportamenti omosessuali (soprattutto nel mondo islamico), che l'influenza occidentale trasformerebbe in identità gay. Anche se la web-globalizzazione delle estetiche e delle identità mi sembra un problema che non riguarda solo i mondi omosessuali. E tra il global gay e la prigione, ben venga il global gay. Che poi, dice Martel, è sempre anche local: le bandiere arcobaleno sventolano ovunque, ma non cancellano "le infinite sfumature locali della comunità Lgbt".

Vittorio Lingiardi, Il Venerdì 5 giugno