mercoledì 23 luglio 2014

Gaza muore, salviamo Gaza

«Il mondo è passivo di fronte a questo genocidio»

«Bombardare a tappeto quartieri densamente abitati non è un esercitare il diritto di difesa nè può essere giustificato in nome della lotta al terrorismo. Massacri come quello perpetrato oggi (ieri, ndr) a Sajaya hanno solo una definizione: crimini di guerra». A parlare é una delle figure più rappresentative della leadership palestinese; Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
A Gaza è stata una domenica di sangue. Segnata dal massacro di Sajaya. II presidente Abbas è in Qatar per cercare di rilanciare il cessate-il-fuoco.
«La situazione è drammatica. Siamo nel pieno di una tragedia immane. I morti si contano a centinaia, i feriti a migliaia. Gli sfollati sono ormai quasi l00mila. Il mondo non può assistere passivamente a quello che il presidente Abbas ha giustamente definito come un genocidio in atto a Gaza».
Israele imputa a Hamas la responsabilità di aver rigettato la tregua negoziata dall'Egitto e accettata dal presidente Abbas.
«Quella proposta va ripresa e dettagliata ulteriormente. Ma ciò sarà possibile se tutti i soggetti in campo faranno la loro parte. E' importante in questo senso l'iniziativa della Lega Araba e dei singoli Paesi membri che possono esercitare la loro influenza anche in campo palestinese, L'iniziativa egiziana è ancora in campo, intanto pero a Gaza si continua a morire, e a morire sono in gran parte donne, bambini, civili... Le armi devono tacere per permettere alla diplomazia di agire, le armi devono tacere per permettere alle organizzazioni umanitarie di prestare soccorso alla popolazione di Gaza. Come si può parlare di dialogo, di pace, quando negli ospedali della Striscia mancano il plasma, gli aghi per suturare le ferite? Il cessate-il-fuoco va imposto immediatamente. Ne va della vita di altre centinaia di persone».
Insisto su un punto: Israele accusa il presidente Abbas di aver legittimato Hamas con la formazione di un governo di riconciliazione nazionale di cui il movimento islamista fa parte. Per Netanyahu, avete aperto ai terroristi.
«I governanti israeliani sono molto abili nel manipolare la realtà e far cadere sugli altri le responsabilità dei fallimenti del negoziato. Ma la verità è un'altra. Opposta. Il presidente Abbas si è detto disponibile, e non da oggi, a quei compromessi necessari per giungere ad un accordo di pace globale fondato sul principio, delineato anche nella Road Map del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Ue, Onu, Russia, ndr), di "due popoli, due Stati". Se il negoziato non è andato avanti è perché con le sue forzature unilaterali, Israele ha praticato una politica dei fatti compiuti che ha depotenziato quel principio, rendendolo sempre meno praticabile. Tuttavia, restiamo convinti che non ci sia un'alternativa al dialogo. La guerra non è il destino inevitabile dei popoli che vivono in Palestina. C'e il piano di pace già approvato dalla Lega Araba, si parta da quello, che se accettato, determinerebbe una svolta storica nell`intero Medio Oriente, perché aprirebbe la strada ad una pace non fra israeliani e Palestinesi, ma una pace fra Israele e i suoi vicini arabi».
Tornando alla guerra di Gaza. L'Anp parla di tregua, ma da più parti, e non solo in Israele, si mette in dubbio che il presidente Abbas possa imporla ad Hamas.
«Delegittimare la controparte è un esercizio che fa il gioco solo di chi vuol far saltare il tavolo negoziale. Il presidente Abbas è il garante degli accordi sottoscritti dall'Anp e dall`Olp. Il presidente Abbas e l`unico legittimato a negoziare. Ma negoziare non significa rinunciare a far valere le proprie ragioni. Quando chiediamo lo stop agli insediamenti nei Territori occupati, quando sosteniamo che un negoziato di pace deve avere come basi le risoluzioni Onu 242 e 338, quando sottolineiamo la necessità di fare chiarezza sui confini dei due Stati, quando diciamo che una pace giusta e duratura deve comprendere anche Gerusalemme, quando sosteniamo tutto ciò non lo facciamo per accondiscendere ad Hamas ma perché siamo profondamente convinti che la pace è un incontro a metà strada o non è. Per questo affermiamo che la tregua deve essere il primo passo seguito subito dopo dalla riapertura del negoziato. Alternative non ne esistono. Per noi ma anche per Israele. Perché neanche il più militarista tra i falchi di Tel Aviv può pensare di poter cancellare un intero popolo e annientare con la forza i suoi diritti all`autodeterminazione»
U. D. G.
udegiovannangeli@unita.it

(L'Unità, 21 luglio 2014)