venerdì 1 agosto 2014

IL PARROCO DI BIBIANA IMPEDISCE L’APERTURA DELL’ASILO COMUNALE

La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni richiama
l'attenzione di tutti i cittadini e delle istituzioni pubbliche sulla
scandalosa vicenda che è emersa alla cronaca di questi ultimi giorni
relativamente alla scuola dell'infanzia comunale di Bibiana (TO) che non
può essere aperta per un veto del Parroco del paese.
La Regione Piemonte infatti, con la delibera del
Consiglio Regionale 252 _33474 del 29 ottobre 2013, sul dimensionamento
scolastico per l'anno 2014/15, approvata nella scorsa legislatura da
parte della maggioranza di centrodestra del Presidente Cota ha stabilito
che "nell'ambito della pianificazione i comuni competenti per le scuole
dell'infanzia, primarie e secondarie di I grado dovranno: [...] Dunque
per quanto riguarda le scuole dell'infanzia dovrà essere consentita la
coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie
al sistema scolastico nel suo complesso, ovvero non dovrà essere
determinata riduzione, in termini di sezioni, dell'offerta formativa
esistente nelle scuole paritarie. All'uopo viene richiesto di unire il
parere motivato da parte delle eventuali scuole paritarie presenti nel
bacino di utenza e/o dall'associazione di categoria a cui le scuole sono
iscritte."
Questa delibera rappresenta una gravissima interferenza tra
pubblico e privato, poiché non è accettabile che la libertà di scelta
educativa delle famiglie, diritto sancito dalla Costituzione, sia
sottoposta ai desiderata delle "scuole paritarie presenti nel bacino di
utenza e/o dall'associazione di categoria a cui le scuole sono
iscritte", prova ne è proprio il recentissimo caso del Comune di Bibiana
(TO), dove l'apertura del nuovissimo asilo comunale pubblico è stata
bloccata dal parere negativo del parroco, che gestisce l'asilo privato
cattolico, nonostante le richieste di molti genitori orientate verso la
scuola dell'infanzia comunale. Si fa notare tra l'altro che l'asilo
cattolico può garantire soltanto l'accesso a 90 bambini, mentre le
richieste dei cittadini di Bibiana sono per 114 bambini, 24 dei quali in
questo modo non potranno vedere soddisfatte le proprie legittime
richieste. Già lo scorso anno si erano verificate situazioni analoghe
nei comuni di Torre Pellice, Bagnolo e Piossasco, motivate allora dalla
Direzione Istruzione e Formazione professionale della Regione col
"perché si deve consentire la coordinata partecipazione al sistema
scolastico da parte della scuola statale e della scuola paritaria" .
Nonostante tutti gli equilibrismi politici messi in atto negli anni per
motivare i finanziamenti pubblici alle scuole private (che la
Costituzione vieta espressamente), questa ulteriore gravissima forzatura
anticostituzionale continua ad emergere: non solo non esistono controlli
adeguati sul rispetto da parte delle scuole private dei parametri che
consentono l'ottenimento ed il mantenimento dello status di "scuola
paritaria", ma addirittura ci sono realtà in cui la vita delle scuole
pubbliche viene messa in forse, se non addirittura stroncata prima della
nascita, laddove l'esistenza di queste non faccia comodo alle scuole
private paritarie (cattoliche).
Forzare le scelte delle famiglie fino al punto da obbligarle non solo a
contribuire di tasca propria al bilancio delle scuole private e
confessionali, ma addirittura imponendo di abbracciare un progetto
educativo religioso ben preciso, quello cattolico nella schiacciante
maggioranza dei casi, non è assolutamente accettabile poiché equivale a
negare libertà fondamentali, costituzionalmente garantite, quali quella
di coscienza e di scelta educativa che non possono subire alcuna
restrizione.
Ricordiamo che l'articolo 33 della Costituzione della Repubbblica
italiana recita:
" L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed ISTITUISCE
SCUOLE STATALI PER TUTTI GLI ORDINI E GRADI.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di
educazione, SENZA ONERI PER LO STATO".
Da tale dettato costituzionale si evince con assoluta
chiarezza che la parte pubblica (stato e comuni) hanno l'OBBLIGO di
istituire scuole pubbliche di ogni ordine e grado e che i privati hanno
il DIRITTO di istituire scuole private SENZA ONERI PER LO STATO e senza
oneri significa con chiarezza lapalissiana divieto di finanziare
direttamente le scuole private, sia di finanziare i cittadini per il
pagamento delle rette (assai elevate) delle scuole private.
L'alibi ideologico al quale le forze politiche clericali si erano finora
appellate per approvare le leggi nazionali e regionali sul finanziamento
pubblico alle scuole private (cattoliche) era sempre stato quello della
sussidiarietà, intendendolo come il principio per cui il pubblico e il
privato (cattolico) dovevano concorrere assieme alla gestione dei
servizi pubblici, fermo restando l'obbligo della parte pubblica (statale
o comunale) di erogare comunque il servizio essenziale, ma in ogni modo
cercando di garantire (anche attraverso specifici finanziamenti e
agevolazioni normative) uno spazio ben definito alla parte gestita dalla
Chiesa cattolica.
Ora siamo allo stravolgimento e al ribaltamento totale anche di tale
già perversa consuetudine: ora è la parte privata confessionale che
decide se la parte pubblica può o non può aprire scuole pubbliche per i
propri cittadini che pagano le tasse. Quindi, di fatto, oggi nel nostro
paese i parroci decidono sull'apertura o meno delle scuole pubbliche da
parte dei sindaci: tanto varrebbe, a questo punto, decidere per legge
che il sindaco di ogni nostro comune debba essere obbligatoriamente il
parroco e abolire la Repubblica italiana, chiedendo l'annessione allo
Stato della Città del Vaticano.
Qualcuno certamente si straccerà le vesti, gridando con toni allarmati
all'anticlericalismo ottocentesco e ideologico di chi ha l'ardire di
segnalare questi pochi elementari fatti e principi, ma noi intendiamo
invece richiamare con forza l'attenzione dei cittadini su questo
ennesimo stravolgimento dei principi costituzionale supremi di libertà
religiosa e di laicità delle istituzioni, dei quali da sempre nel nostro
paese si fa carne di porco e su questo ennesimo slittamento, lento,
quasi invisibile, ma costante e inesorabile delle istituzioni pubbliche
della Repubblica verso lo stato confessionale gestito dalla Chiesa
cattolica, che a fronte delle chiese sempre più vuote ha in compenso le
casse sempre più piene a causa del vergognoso clericalismo e servilismo
clientelare di gran parte della classe politica che fa a gara per
genuflettersi davanti ai desideri delle gerarchie della chiesa
cattolica apostolica romana.
La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni chiede con forza
al nuovo governo della Regione Piemonte e al nuovo Consiglio Regionale
di impedire questo ennesimo scempio di legalità, abrogando nei tempi più
rapidi possibili la delibera in oggetto approvata nel 2013 dalla
maggioranza di Cota e destinando la totalità delle risorse regionali per
la difesa e il potenziamento delle scuole pubbliche, lasciando al
dettato costituzionale di regolare il funzionamento e il finanziamento
di quelle private confessionali e al gioco del libero mercato la loro sorte.

CONSULTA TORINESE PER LA LAICITA' DELLE ISTITUZIONI