giovedì 26 marzo 2015

“Meno discriminazioni, ma parità lontana"

A trent'anni di distanza dai suoi esordi, il Torino Gay & Lesbian Film Festival e il suo direttore, Giovanni Minerba sono stati appena insigniti del Premio Maguey - Trayectoria, indetto dal Festival Internazionale del Cinema di Guadalajara. Una buona posizione per giudicare su omofobia e lotta alle discriminazioni in una città come Torino.
Minerba, che cosa è cambiato nel vostro Festival?
«Posso dire quel che non è cambiato e che non saprei se attribuire a un omofobia peculiarmente italiana. Gli sponsor privati non hanno mai fatto la fila per il nostro Festival, anche se per noi quelli che abbiamo sono molto importanti. Il clima intorno al nostro Festival è comunque migliorato, non ci sono più i 'disturbatori' che a ogni edizione facevano interrogazioni nei vari enti locali ».
E nella selezione dei film?
«Abbiamo finalmente molti autori giovani, anche italiani e torinesi, il che fa capire come questi temi non spaventino più i registi. Per gli autori trattare le tematiche LGBT non significa più 'perdere la faccia'. E le estenuanti trattative con la Siae, che a inizio Festival obbligavano gli spettatori a sottoscrivere una tessera che intimoriva molto, ora non esistono più».
Al di là del festival e dei film, come giudica il livello di omofobia, e la lotta a questa discriminazione, nella nostra città?
«Quello che è successo a Stefano è una cosa terribile, ma fortunatamente sporadica. Un tempo, anche a me e al mio compagno Ottavio succedevano più spesso episodi di intimidazione pesanti. Oggi grazie anche al contributo delle istituzioni, alle manifestazioni, all'azione di sensibilizzazione nelle scuole possiamo sperare che queste cose non si ripetano. Ma ce ne sono altre, ugualmente gravi».
Per esempio?
«Per esempio le frasi di Dolce & Gabbana possono avere effetti devastanti. Non saranno pesanti come i pugni, ma contribuiscono alla confusione e alla discriminazione e ci vorrà molto tempo prima che il danno sia rimediato. C'è un'omofobia violenta e ce n'è una culturale che può essere altrettanto dannosa sulla strada per arrivare a una piena parità». (v. sch.)

(Repubblica 21 marzo)