sabato 25 aprile 2015

Indesitderati

Com'era facilmente prevedibile, la multinazionale americana che comprò la Indesit promettendo di non toccare nemmeno un posto di lavoro ne ha appena sforbiciati milletrecentocinquanta in Piemonte, Marche e Campania. L'aspetto umano della vicenda interessa una minoranza di romantici. L'impresa familiare collegata al territorio non esiste più e oggi le vite degli individui vengono decise con un tratto di penna a migliaia di chilometri di distanza, dove non arrivano le lacrime di rabbia di un lavoratore sconosciuto e lontano. Al di là dei lamenti di rito, e di una difesa altrettanto sterile di un passato che non tornerà, si pone il problema di cosa fare di questo capitalismo 2.0 che regna incontrastato sul mondo. Abbatterlo appare difficile. E allora tanto varrebbe completarlo.  
Per adesso, almeno in Italia, resta un ponte sospeso sul vuoto. Il lavoratore vi viene spinto a forza dopo un licenziamento e si ritrova in mezzo al fiume senza gli strumenti per arrivare sull'altra sponda. Questi strumenti non sono la difesa ostinata di un posto diventato purtroppo antieconomico e inutile, ma un nuovo Stato sociale che garantisca all'esubero (parola orrenda) di recuperare la sua esuberanza attraverso tre semplici mosse. Un reddito di disoccupazione in grado di attutire i danni collaterali del licenziamento. Un corso di riqualificazione professionale che rigeneri anche mentalmente la persona che si è sentita rifiutata dal sistema. E infine il ricollocamento sul mercato. Sarà questo il Welfare del futuro, la vera sfida su cui Renzi l'Americano verrà giudicato dai posteri e prima ancora dai contemporanei.  
Massimo Gramellini

(La Stampa 18 aprile)