sabato 19 novembre 2016

Cercansi operai nella vigna

I "cantieri della fede" più audaci, a mio avviso, si realizzano là dove non si separano mai una riflessione teologica critico-costruttiva e la prassi evangelica nel quotidiano.
Esiste anche chi, pur essendo prete, vescovo o membro di comunità, non corre nemmeno il rischio di separare la prassi dalla teologia per il fatto che, da buon mestierante della religione, non si è coinvolto né nella prassi evangelica né nella ricerca teologica.
Ma oggi, per il cristiano "coinvolto", esiste, a mio avviso, il pericolo di localizzarsi in una dimensione sola. Circolano molti discorsi "seducenti" al riguardo: "Se l'amore è tutto, che bisogno c'è di ripensare il rapporto con Dio, il linguaggio con cui esprimiamo la fede, la catechesi, la predicazione, la liturgia?".
Le scorciatoie esercitano sempre uno straordinario fascino.
Il riferimento al Gesù storico, anche in questo caso, è chiarificatore. Egli fu pienamente coinvolto nella prassi di condivisione. Non esiste alcun dubbio al riguardo. Ma, con la stessa chiarezza, egli viveva il suo rapporto con Dio, la sua relazione di amore, la ricerca della volontà di Dio rispetto alla sua vita. Gesù fece una vera ricerca vocazionale per scoprire la chiamata di Dio, la strada da percorrere. Nello stesso tempo, incontrando le persone, fu "il poeta dell'amore di Dio", cioè cercò di annunciare e testimoniare la presenza amorosa di Dio con parole e gesti liberanti. A suo modo e con i limiti della cultura del suo tempo, cercò di fornire con parabole, similitudini e comportamenti una immagine di Dio liberatrice, accogliente, libera dai ceppi del legalismo. A lui premeva far gustare un Dio amoroso, paterno, materno, amante della vita, un Dio amico, compagno di viaggio.
Gesù non ha separato mai la prassi del regno, cioè l'impegno per la giustizia, dall'impegno di testimoniare e dire "parabolicamente" la "bellezza" e la "tenerezza" di questo Dio spesso bruttificato dalle pedanterie religiose ufficiali.
È questo tenere insieme, come ha fatto Gesù, l'aspetto più impegnativo. Paradossalmente è anche pericoloso perché le gerarchie sanno che questo doppio coinvolgimento solleva nei credenti tante domande che orientano il cristiano verso una coscienza adulta.
E si sa... i "sacri pastori" (e non solo loro) non amano chi solleva domande. Prediligono gli esecutori.
Franco Barbero