giovedì 24 novembre 2016

Per una spiritualità del dialogo

Sul terreno esegetico, ermeneutico e storico in questo periodo sono fioriti studi di estrema rilevanza, ma non possiamo non constatare che nelle istanze gerarchiche si è diffuso un sistematico sospetto verso la libertà di ricerca, di idee, di espressione.
Non credo che basti il cambio del timoniere romano per fare crescere un clima nuovo nella nostra chiesa.
Occorre, oltre alla svolta ermeneutica della teologia, anche una spiritualità del dialogo che tenga in tensione libertà e unità della fede.
A me sembra decisivo praticare insieme comunione essenziale e liberta reale. A mio avviso, è fondamentale restare "dentro" questa gestazione evangelica, sia pure con le più audaci ed umili forme di dissenso.
Certo, il regno di Dio non è limitato alle mappe ecclesiali e la chiesa non può intendersi solo come lo spazio riconosciuto dalle gerarchie. Non è più l'ortodossia il criterio di identificazione del cristiano, ma mai come oggi, anche dentro la chiesa, abbiamo bisogno di ascoltarci umilmente, di resisterci a viso aperto, di parlarci anche con durezza, di praticare anche sentieri pastorali diversi, di analizzare lucidamente il ruolo di certe istituzioni: ma tutto questo Senza spirito di scomunica, continuando a pregare gli uni per gli altri. Altrimenti si separa l'esercizio della liberta cristiana dallo spirito di comunione.
Questo sarebbe, a mio avviso, un divorzio negativo destinato ad impoverire la nostra fede.
Ho sempre pregato insistentemente Dio consapevole di quanto sia impresa difficile tenere insieme liberta evangelica e spirito - prassi di comunione. Esiste, infatti, a mio avviso, il pericolo di enfatizzare talmente le esigenze della "comunione" ecclesiale da sopprimere del tutto o ridurre al minimo l'esercizio della liberta evangelica o, viceversa, di sottovalutare le esigenze della comunione cristiana.
Non penso che si tratti di usare il bilancino, ma di portare ben radicate in noi le due istanze, senza cercarne una composizione equilibrata, una formula valida per ogni tempo, ma piuttosto accettando un percorso mosso, conflittuale ed accidentato, sempre imprevedibile, costantemente aperto all'azione trasformatrice di Dio. Dentro la nostra vita personale e comunitaria sia la libertà evangelica sia la comunione debbono, a mio avviso, sempre ripensarsi.
Oggi, mentre si invoca molto spesso a sproposito la comunione ecclesiale per mantenere lo status quo nell'istituzione ecclesiastica e per continuare a praticare la sottomissione delle coscienze e vietare delle pratiche pastorali innovative, a mio avviso occorre sottolineare vigorosamente che non si favorisce la comunione nella fede  se si riduce la libertà dei figli e delle figlie di Dio.
A questa spiritualità non dovrebbe mancare, a mio avviso, l'audacia di esperimentare, il coraggio di vivere la comunità come experimentum, come luogo dove si parlano nuovi linguaggi, si celebrano nuove liturgie, si dà spazio a nuovi soggetti nella consapevolezza che "attualizzare la tradizione significa proporre nuove interpretazioni della Scrittura, dei simboli di fede, delle formule dogmatiche" (1). Come la fede e la vita esigono a gran voce.
Franco Barbero, 2002

(1) CLAUDE GEFFRE', Credere e interpretare, Queriniana, Brescia 2002, pag. 47