sabato 25 febbraio 2017

Lo scandalo: la galera se denunci lo scandalo
É necessario che gli scandali avvengano, ma guai a chi scoperchia il pentolone: il caso LuxLeaks ne è solo uno dei tanti esempi. E intanto in Polonia prosegue la derive autoritaria.


Il 13 dicembre del 1981, in Polonia, il generale Jaruzelski dichiara la legge marziale: il sindacato Solidarnosc viene messo al bando e il suo leader, Lech Walesa, arrestato. A trentacinque anni di distanza, le spaccature della Polonia di oggi si sono mostrate in occasione della rievocazione di quei drammatici avvenimenti: il partito nazional-conservatore al governo (Diritto e giustizia) e le opposizioni hanno organizzato manifestazioni separate. Ma il governo ha pensato bene di ricordare quel periodo di libertà confiscate proprio facendo approvare (per ora solo dalla Camera) una legge che limita il diritto di manifestazione. Naturalmente, oggi come allora, in Polonia come in molte altre parti del mondo, la diminuzione di diritti viene giustificata da motivi di sicurezza. Nello specifico, il governo intende "proteggere" le manifestazioni del suo partito dalle frequenti contromanifestazioni organizzate dal Comitato per la difesa della democrazia e dai principali partiti dell'opposizione parlamentare: i liberal-progressisti di Nowoczesna ("Moderno") e i liberal-conservatori di Piattaforma civica. Le opposizioni - riporta The Warsaw voice - hanno quindi colto l'occasione delle celebrazioni per manifestare in tutto il paese anche contro i provvedimenti governativi, invocando uno «stop alla distruzione della Polonia». A Varsavia la manifestazione ha scelto un percorso simbolicamente significativo, per suggerire un'analogia tra la legge marziale di allora e i provvedimenti liberticidi di oggi: i dimostranti hanno sfilato dal palazzo che ospitava il partito comunista ai tempi del regime fino al quartier generale dell'attuale partito di governo.
La stretta sul diritto di manifestazione è solo la "ciliegina sulla torta" di una serie di attacchi al pluralismo dei media (ultimamente anche attraverso il tentativo di restringere l'accesso dei giornalisti al Parlamento) e all'indipendenza del potere giudiziario che hanno spinto l'Unione europea a richiamare a più riprese la Polonia al rispetto dello Stato di diritto (vedi Confronti 2/2016). Ma di recente il governo polacco ha fatto parlare di sé anche per un'altra presa di posizione preoccupante: dopo i tentativi di vietare del tutto l'interruzione di gravidanza (falliti grazie alle manifestazioni in tutto il paese), la ministra degli Affari sociali e della famiglia Elzbieta Rafalska ha annunciato l'intenzione di ritirare l'adesione alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (la Convenzione di Istanbul).
Dai diritti civili a quelli economici. Più che diritti, "dritti". Secondo il rapporto "Tax battles", pubblicato da Oxfam, ben cinque paesi europei si trovano nelle prime dieci posizioni della classifica dei paradisi fiscali: Olanda e Svizzera (terza e quarta posizione), Irlanda e Lussemburgo (sesta e settima) e Cipro (decima).
Il Regno Unito - precisa lo studio - non fa parte dell'elenco, ma vi rientra indirettamente grazie ad alcuni suoi territori d'oltremare (che sono ancora dipendenze britanniche) come le Isole Cayman, Bermuda e le Isole Vergini. Oxfam chiede ai governi europei di cooperare per combattere l'elusione fiscale e la corsa verso il basso delle tasse sulle imprese, dotandosi anche di una lista nera dei paradisi fiscali e di una politica forte di contromisure condivisa da tutti.
Come sottolinea il rapporto, alcuni di questi paesi europei sono stati implicati in scandali finanziari. É il caso ad esempio dell'Irlanda, che aveva stipulato un accordo fiscale con la Apple per farle pagare solo lo 0,005% di tasse. Tanto per intendersi, significa che per ogni mille euro bisogna versare una monetina da 5 centesimi. La Commissione europea aveva stabilito che la multinazionale tecnologica dovesse restituire all'Irlanda 13 miliardi di imposte arretrate, ma contro la decisione è stato presentato ricorso alla Corte di giustizia europea. Non dalla Apple, come si potrebbe ingenuamente immaginare, ma dall'Irlanda.
Il 12 dicembre è cominciato il processo d'appello (dopo la condanna a un anno in primo grado) ai whistlelhlofwers dello scandalo LuxLeaks sulle agevolazioni fiscali concesse segretamente dal governo del Lussemburgo a oltre 300 multinazionali e banche. É solo grazie a questi informatori se nel novembre 2014 il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi è riuscito a far uscire la notizia. Ad aprile 2016, poi, farà scoppiare anche lo scandalo "Panama papers". I whistlelhlofwers sono persone che denunciano violazioni e frodi all'interno di aziende o istituzioni e lo fanno quindi nell'interesse generale, non per tornaconto personale. Anzi: spesso finiscono per pagarne le conseguenze subendo delle ritorsioni. Per questo il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, ma anche Transparency international, la stessa Oxfam e tanti altri chiedono che i whistlelhlofwers siano protetti dalla legge, non perseguiti.
Adriano Gizzi, redazione di Confronti

(Confronti, gennaio 2017)