mercoledì 22 febbraio 2017

Trump, l’Islam e il cristianesimo

L'ordine presidenziale di Trump che impone un filtro etnico-religioso alle frontiere si propone di discriminare l'Islam e di violentare il cristianesimo. Il bando etnico-religioso, che traduce politicamente l'ideologia di Steve Bannon, ripristina paure antiche: quelle che limitavano l'immigrazione "dell'orda papista" (cioè cattolica) nel Texas del XIX secolo; o quelle che ai tempi di Albert Einstein imponevano di dichiarare la propria razza (lui scrisse «umana») all'ingresso in America.
Superate dalle leggi sui diritti civili degli anni Sessanta, quelle fobie ritornano aggiornate, dopo aver a lungo soggiornato al di qua dell' Atlantico e non solo in ambienti di estrema destra. Nel 2000 era stato ad esempio un cardinale, Giacomo Biffi, a teorizzare che fra i migranti si dovessero «preferire» le popolazioni «cattoliche o almeno cristiane»: in era berlusconiana - quando una chiesa già molto misericordiosa perdonava tutto, proprio tutto alla destra - la sortita del porporato dava un contributo alla desertificazione politica che oggi la Cei giustamente deplora; ma non andava oltre lo strizzar d'occhi alla xenofobia.
Le discriminazioni agitate dalla Casa Bianca, che incendiano l'opposizione interna, vanno invece oltre: concimano tutti i terrorismi, inclusi quelli che vedono in Europa bersagli comodi. E sfidano la chiesa: proprio perché propongono un abuso plateale del nome "cristiano". L' ordine presidenziale non lo enuncia così, ma Reince Priebus ha spiegato che le norme di Trump servono a privilegiare gli immigrati «cristiani». Un gesto di strabiliante cinismo, che espone proprio le chiese del mondo arabo, che hanno già pagato alla guerra un prezzo altissimo, a ulteriori ritorsioni. Un gesto che aiuta la propaganda jihadista ad additare i cristiani del Medio Oriente come "crociati" di una guerra di cui sono stati vittime insieme a tanti musulmani, martiri gli uni e gli altri in mysterio. E infine un gesto che testa la capacità delle chiese e del Papa di reagire alla tecnica dello "Shock Jock" descritta due giorni fa da Vittorio Zucconi (quella che fa dimenticare una enormità somministrandone una nuova).
Al di là del grido di dolore del patriarca dei Caldei, è evidente che le chiese pellegrine a Lampedusa e a Lesbo non possono accettare che il nome "cristiano" sia usato come strumento di discriminazione né dentro la famiglia dei figli di Dio né dentro la famiglia dei figli di Abramo. Non possono tacere le chiese che hanno già visto cosa accade quando si esita davanti al «Nuovo Verbo» (Primo Levi) della discriminazione. «Siamo tutti spiritualmente semiti» disse Pio XI reagendo alla predicazione razzista nel settembre del 1938. I figli di Abramo di oggi sono legati «spiritualmente » e in un frangente non meno grave. Non sono tutti «monoteisti» allo stesso modo; non tirano le stesse conclusioni politiche dalle proprie Scritture; non sono ingenui davanti alle guerre sante che hanno inflitto e subito. Ma hanno nella fede di Abramo un vincolo misterioso, che non può essere dato in pasto né ai terroristi jihadisti che adorano il sangue, né al cristianesimo "pentecostaloide" che adora la paura.
L'ordine di Trump viola "valori americani": ma è anche un pezzo del «pervertimento del cristianesimo», di cui scrisse Ivan Illich, col quale si piega l' attesa messianica della giustizia per l'inerme in una teologia distorta, fatta di tele-evangelicalismo, ideologia della prosperità, sacralizzazione della violenza su ogni diversità.
Il che chiede ai "cristiani" di dirsi tutti spiritualmente figli di Abramo. Specie ai cristiani di questa Europa alla quale la storia assegna, nel punto più basso del suo spirito unitario, di difendere valori che ha appreso a fatica. C'è un consiglio che raccoglie gli episcopati cattolici del continente, ora presieduto dal cardinale di Genova Angelo Bagnasco. C'è un organo ecumenico, la Kek, che rappresenta tutte le chiese cristiane d' Europa. C'è un C9 accanto al Papa che deve dargli un "ausilio" permanente ad gubernandam ecclesiam universalem. Ci sono i patriarchi d'Oriente e d'Occidente. Tutti in grado di proporre parole e gesti di penitenza, in comunione con chi viene discriminato, di rompere un silenzio che sa di codardie antiche. Prima che il sangue scorra, o che ne scorra altro.
di Alberto Melloni

(la Repubblica 2 febbraio)