lunedì 6 marzo 2017

GESÙ L'EBREO

In un volume interessante (Gesù l'ebreo, Editrice Borla, Roma 1983) Geza Wermès approfondisce il filone del giudaismo carismatico contemporaneo a Gesù e inserisce il ministero di guaritore di Gesù in questo movimento, in compagnia di altre personalità religiose affiliate a diversi gruppi e tendenze. Le figure carismatiche di Honi e Hanina ben Dosa, secondo una ipotesi fondata, ci aiuterebbero a capire il significato dell'agire di Gesù. Già dai tempi del profeta Elia gli ebrei credevano che i «santi» potessero imporre la propria volontà ai fenomeni naturali. Sicché, oltre alle preghiere formali e liturgiche per la pioggia, in caso di siccità, il popolo implorava le persone reputate capaci di miracoli perché esercitassero la loro funzione mediatrice in favore della comunità anche per ciò che riguardava la salute. «Un importante corollario a questa panoramica su taumaturghi e santi ebrei è che l'immagine popolare dei carismatici era inseparabile dalla figura di Elia» (ivi, pag. 89). Ed «è opportuno ricordare a questo punto che pure Gesù fu identificato da alcuni contemporanei con Elia» (pag. 89). «La presentazione evangelica di Gesù come un uomo i cui poteri soprannaturali derivavano non da potenze misteriose, ma dal diretto contatto con Dio, dimostra che egli era un vero carismatico, autentico erede di una corrente profetica antica... Questi santi venivano considerati gli eredi spontanei o non sospetti dell'antica tradizione profetica. I loro poteri soprannaturali erano attribuiti al loro immediato contatto con Dio. Erano venerati come un legame tra cielo e terra, indipendente da ogni mediazione istituzionale» (pag. 93).
Il messaggio è limpido: la profonda comunione con Dio rende taumaturghi. Un uomo che viva in profonda unione con Dio, una persona che aderisca alla Sua volontà dal profondo del cuore (cioè un profeta!) diventa una sorgente di salute, di guarigione, di liberazione. In comunità abbiamo lungamente discusso questo 'messaggio' che ci è sembrato molto vero, concreto e attuale. Non si tratta di forze magiche, ma di una esperienza che appartiene anche al nostro presente. Effettivamente, senza voler far stare Gesù nei nostri panni, ci sono incontri con persone che determinano benessere, risveglio di potenzialità sconosciute, salute e voglia di vivere. Gesù, nella sua ineguagliabile statura di profeta e di uomo libero, nella eccezionale capacità di amare che aveva ricevuto da Dio, nella singolare autenticità e profondità dei rapporti che sapeva instaurare con le persone, non era colui che poteva manifestare, nel modo più adeguato, la forza liberatrice e guaritrice di Dio? L'incontro con lui non diventava una esperienza del modo con cui Dio stesso ama e 'guarisce'? Il «figlio di Dio» non può essere reso, secondo la libera iniziativa del Padre, taumaturgo in modo singolare?
Franco Barbero, 1984