sabato 11 marzo 2017

SORELLA GRANDE
Le religiose cattoliche vogliono cambiare la Chiesa e il mondo. Poche, ma istruite e smart, si addestrano a sfidare la globalizzazione ingiusta e la gerarchia patriarcale. Passa da loro il femminismo più visionario?

IL VERO PROBLEMA DI OGGI NON È LA SECOLARIZZAZIONE. È L'IMPEGNO FRAGILE



Oggi accettare una missione globale contempla la ricerca di nuovi criteri di equità. Lo sa Alessandra Smerilli: c'è chi la chiama "professoressa", chi "Suor" e chi "Suor-professoressa", che suona buffo. E lei, che effettivamente è sia un'economista  sia una salesiana, ride e poi riflette: «Abbiamo perso contatto con la storia dell'Europa, fatta di medici, professori e artisti che erano anche religiosi. Oggi la nostra società, spiritualmente impoverita, fatica a capire il significato civile di frati e suore: perché la charis (il dono gratuito dei religiosi) è faccenda eminentemente civile». È un pensiero fine quello di Alessandra: nata a Chieti 43 anni fa e che fin dai tempi del liceo scientifico sapeva che da grande avrebbe indossato il velo. «Mi vedevo nelle periferie o in una comunità di giovani. Invece una superiora mi disse che l`economia sarebbe diventata il centro del mondo». Era il 1996 e la Madre Superiora ci aveva visto giusto. Alessandra, che stava studiando il voto di obbedienza, a malincuore ha detto sì. Poi sono arrivati i primi 30 e lode e ci
ha preso gusto: nel 2006 un dottorato di ricerca alla Sapienza di Roma, nel 2014 un PhD all'East Anglia, Inghilterra. Oggi insegna alla Pontificia Università di Scienze dell'educazione Auxilium, alla Lumsa di Roma e alla Cattolica di Milano. Ed è membro del comitato di Banca Erica. «Mi occupo di We Rationality, "razionalità del noi", di comportamenti cooperativi in economia. L'imprenditore non è chi genera ricchezza, ma chi ha un progetto e s`impegna a portarlo a termine. Tutt'altra questione è l'idolatria del profitto». Il nesso fra religiosità ed economia? "Papa Francesco ha detto che il mondo sta cambiando, e che dobbiamo restare fedeli a noi stessi cambiando insieme a lui. Un tempo la vita consacrata era percepita per i servizi che offriva, dalle scuole agli ospedali. Oggi non è più così, non è un compito da svolgere, è il dono di occhi che vedono cose belle dove altri vedono solo un problema. Per scorgere il nuovo, dove altri neppure s'interrogano».
Luca Diotallevi, docente di Sociologia e direttore del master in Scienze della cultura e della religione (Università Roma Tre), conferma il cauto, singolare "risveglio": «Si sommano tre piccoli trend: la gravissima crisi degli ordini di vita attiva (quelli che si occupano di malati, poveri, scolari, come prima rimarcava Suor Alessandra, ndr), che non sono più fonte di emancipazione, anzi, sopportano a fatica la gerarchia ecclesiastica; un inedito, modesto ma significativo interesse per la religiosità; una piccola ripresa della vita claustrale. Osservazioni che non servono a calcolare numericamente un fenomeno, ma a sottolineare la vitalità delle fondazioni diocesane post Concilio Vaticano II e l'attenzione della Chiesa verso una trasformazione sociale. Che stavolta è fatta di scelte fortemente intenzionali e individuali, di donne libere, dotate di ottimi titoli di studio». Continua Diotallevi: «Il cambiamento non sta tanto nell'elezione di Francesco quanto nella rinuncia di Benedetto XVI. Che va letta come la fine della cristianità del ventesimo secolo. Siamo nella trasformazione globale, e anche il cristianesimo si riforma, attingendo alla libertà delle donne e contribuendo alla crisi del maschilismo. Le vocazioni femminili non obbediscono più a convenienze sociali e psicologiche, ma esprimono pensieri avanzati».
Per esempio, su famiglia e sessualità suore e monache reclamano un punto di vista che va ascoltato. Scuote la testa Scaraffia: «Rischiano di continuare a fare le serve ai preti, sono spesso trattate da sceme. Sono stufe. Resto però contraria al sacerdozio femminile, e anche al diaconato, perché diaconesse, e dunque collaboratrici apostoliche, suore e monache lo sono da sempre nell'esercizio della loro missione. Mi piace la loro libertà, senza corso di studi e patentini. Mi piace pure la loro rabbia: il sacerdozio non c`entra, semmai c'è una forte antipatia per il clero. Loro, dei preti non si fidano».  
«Una generazione moderna di cattolici deve saper costruire qualcosa di nuovo: e la prospettiva dell'ordinazione femminile è invece organica al vecchio mondo clericale che sta finendo. Il sacerdozio è servizio, non è potere», precisa Diotallevi. Già, ma a Teresa Forcades (vedi intervista), benedettina barcellonese autrice di libri rumorosi (Siamo tutti diversi! Per una teologia queer, Castelvecchi), laureata in Teologia e Medicina e dispensata dal convento per la causa catalana, tutto ciò non basterebbe: suor Teresa è favorevole al sacerdozio delle donne, al matrimonio omosessuale e all'identità "viaggiante" di ciascuno di noi... Come forse non basterebbe alle suore Usa, censurate qualche anno fa dal Vaticano per le posizioni poco ortodosse in fatto di femminismo e uguaglianza sociale, ma forse, dicono, anche per l'appoggio all'Obamacare (punto cruciale: prevedeva accessi più facili alla contraccezione), Le sorelle a stelle e strisce sono state poi "perdonate". E sulla querelle è stato girato il documentario Radical Grace, prodotto da Susan Sarandon.
Elisabetta Muritti e Gloria Riva
Foto di Ibolya Feher

(D la Repubblica, 4 marzo)