lunedì 13 marzo 2017

SORELLA GRANDE

Le religiose cattoliche vogliono cambiare la Chiesa e il mondo. Poche, ma istruite e smart, si addestrano a sfidare la globalizzazione ingiusta e la gerarchia patriarcale. Passa da loro il femminismo più visionario?

Teresa la ribelle

INTERVISTA A SUOR TERESA FORCADES. LA TEOLOGA BENEDETTINA CINQUANTENNE, NATA NELLA BARCELLONA PIU POPOLARE, STUPISCE LE DONNE PER IL SUO PENSIERO CONTROCORRENTE

C'è una piccola ripresa di vocazioni femminili . . .
«In Spagna assistiamo a vocazioni tardive di donne istruite e indipendenti. E vocazioni di adolescenti, che entrano in monastero appena finito il liceo. I due casi vanno distinti con chiarezza. Sulle ragazze può pesare l'influenza di personalità carismatiche e movimenti (come quello neocatecumenale) che guardano al mondo secolare con superiorità e fanno della Chiesa (e degli affiliati) l'avamposto di una crociata morale. Nelle vocazioni tardive come la mia (28 anni, in monastero a 50) coesistono varie ragioni, ma non c'è paura del mondo. Semmai la ricerca di uno spazio di liberta, a partire dal quale aiutare coloro che più soffrono e lottare contro l'ingiustizia».
Il Vaticano ha condotto una visita apostolica per indagare l'ortodossia delle suore Usa.
«Le religiose della Lcwr (Leadership Conference of Women Religious) rappresentano l'80% delle 56mila religiose Usa. Il modo in cui hanno risposto alla visita del cardinal Rodé è stato esemplare: hanno praticato "la resistenza costruttiva", ovvero anziché cedere o opporsi hanno colto l'occasione per approfondire la comprensione di sé e della Chiesa, nonché i legami che uniscono le diverse comunità. Questo atteggiamento, né prepotente né sottomesso, e il principale contributo teorico che già offrono molti ordini femminili. E poi ci sono i contributi concreti: da anni molte suore rivedono storia e teologia a partire dalla prospettiva dell'uguaglianza di genere. Elisabeth Johnson esplora l'immaginario e il linguaggio femminili e la relazione tra teologia ed ecologia; Ivone Gebara è una teologa della liberazione, impegnata contro l'ingiustizia; Margaret Farley difende una teologia morale che separi la sessualità dal peccato e dalla colpa. Oggi è fondamentale una teologia queer: pensare la diversità sessuale a partire dalla prospettiva teologica e, da lì, sviluppare un`antropologia che promuova l'originalità di ciascun essere umano e della sua libertà. In prospettiva comunitaria: non si tratta di fortificare l'individualismo capitalista, bensì la solidarietà che ci fa felici. Sì, ho fiducia in questo momento vissuto dalla Chiesa, non tanto perché io speri in una soluzione da Papa Francesco, ma perché mi aspetto che lui lasci spazio alle proposte che vengono dal basso, dai margini».
Papa Francesco ha limitato il web nei monasteri.
«Raccomandare alle religiose contemplative e non ai religiosi contemplativi di limitare l'uso dei social network riflette un pregiudizio sessista ancora imperante nella Chiesa cattolica romana. Nel mio monastero il fatto non ha suscitato cambiamenti: si continuano a usare i social e si cerca come sempre di farne un uso responsabile».
A proposito di una teologia cattolica femminista: che cosa c'è all'orizzonte? Il sacerdozio femminile? La riformulazione della castità e dell'identità sessuale?
«C'è la coscienza che "il problema delle donne" non è stato ancora superato nella Chiesa e neppure nella società del XXI secolo. Nell'Europa del 2015 le donne percepiscono il 16% in meno dei salari rispetto agli uomini, a parità di lavoro: da qui viene rutto il resto. In che modo teologia e prassi ecclesiale continuano a contribuire allo sfruttamento delle donne? Perché la loro esclusione dalla rappresentatività liturgica e dal governo della Chiesa è ancora giustificata?».
Che cosa pensa del nuovo sessismo?
«La maggior parte delle donne, soprattutto se giovani, si sentono "donne" e diverse dall'"uomo". Questa diversità di genere la sentono attraente; e non accettano che l'uomo o la società impongano loro qualcosa, come passare da un lavoro remunerato a uno non remunerato o vestirsi in un certo modo. Ma, eliminata l'imposizione, ci sono lo stesso molte donne che lasciano il lavoro dopo la nascita del primo figlio o si vestono sexy, anche se ciò implica scarpe fastidiose e chirurgia estetica. Credo, però, che tale modello patriarcale non sia la società che gli uomini impongono alle donne, bensì quella che uomini e donne costruiscono insieme quando non hanno il coraggio di essere queer, di sviluppare ognuno la propria originalità».
Ritornerà in convento?
«Il permesso di esclaustrazione finirà nell'agosto 2018. È mia intenzione rispettarlo». (Traduzione di Cristina Guarnieri)
Elisabetta Muritti e Gloria Riva
Foto di G. Nagarino/Reuters/Contrasto

(D la Repubblica, 4 marzo)