lunedì 6 marzo 2017

UNA GRANDE SPERANZA

L'ISLAM ARCOBALENO
Gay e musulmano/a. Quando l'identità religiosa si scontra con leggi retrograde e discriminazioni, spesso per gli omosessuali l'unica soluzione è la fuga dai loro paesi d'origine, dove essere gay è un reato, spesso punito con la morte. Ma in Italia, per esempio, stanno emergendo realtà diverse e accoglienti. Una particolare è il progetto Moi (Musulmani Omosessuali in Italia), fondata da Pier Cesare Notaro, attivista, convinto che seguire il Corano ed essere gay non sia un ossimoro: "L'Islam non condanna tout court l'omosessualità: lo fa chi ne dà una lettura restrittiva. Odiare le diversità è tipico delle ortodossie come il wahabismo. Ma la religione musulmana non è solo il fondamentalismo dell'Arabia Saudita o l'Isis, è anche le femministe e gli imam che fanno coming out. Come l'imam di Parigi Ludovic-Mohamed Zahed, l'unico (purtroppo) in Europa dichiaratamente gay e sposato con un uomo. Ma ce ne sono altri quattro negli Usa e la loro presenza testimonia che questi due mondi possono coesistere".
Come è nato il progetto Moi?
"Siamo partiti nel 2011 da Il grande colibrì, un blog per i diritti interculturali animato da attivisti che si interrogano su questi argomenti. La categoria lesbiche, gay, bisessuali e transgender non basta a rappresentare tutte le diversità, e noi vogliamo sollevare il tema con le seconde generazioni di immigrati, i praticanti e anche con chi si è allontanato dalla moschea".
Chi si rivolge a voi?
"Uomini e donne che all'arrivo in Europa cercano di capire il mondo che li circonda, perché spesso non hanno nessun punto di riferimento. Niente cultura trasversale che dia risposte attraverso la musica, il cinema, l'arte, e zero letteratura. Così vivono una doppia discriminazione: essere omosessuali e migranti. Anche nella comunità Lgbt, infatti, lo straniero è considerato un poveraccio. Attraverso i nostri sportelli (Milano, Bologna, Roma, Napoli, Palermo) formiamo consulenze a chi fugge perché discriminato per il proprio orientamento sessuale per avviare le pratiche di protezione. La maggior parte dei contatti avviene via web (grandevolibri.com) ma la cosa più difficile è passare dal virtuale al reale: c'è chi esce allo scoperto e chi non la farà mai. Per esempio, abbiamo ormai sperimentato nel tempo che le più reticenti sono le lesbiche".
Quali sono i problemi più scottanti?
"Per la sharia, la legge coranica, essere gay e credenti è un sacrilegio. Per questo sono molti gli omosessuali che non riescono più a capire chi sono di fronte al loro credo, che li considera sodomiti. E il rapporto con la religione è diversificato: alcuni la rifiutano, altri sono laici, poi c'è chi se ne disinteressa e chi, invece, prova a far coesistere fede e omosessualità".
E il rapporto con i connazionali?
"Faccio un esempio reale, che spiega perfettamente la difficoltà: Mohamed ha 19 anni ed è gay. A Marrakech tutti sanno che suo zio è omosessuale e, anche se metà della famiglia non gli parla, in quale modo è accettato. Mohamed invece vive in Italia ma non può far sapere a nessuno di esserlo, perché rischierebbe di perdere i legami con la propria comunità, cioè su tutto il suo mondo".
Gay e Islam, quindi, uguale ipocrisia?
"Il paese più ipocrita è l'Arabia Saudita. Qui hanno abbattuto la casa di Khadijah, la prima moglie di Maometto, per costruire bagni pubblici. E nello stesso tempo il Ryad Starbucks è un hot spot per incontrare persone dello stesso sesso, e non mancano discoteche omosex. Solo, però, per i ricchi, che si "comprano" i diritti".
(Michele Sasso, Repubblica 25/02)