sabato 15 aprile 2017

«Così è un ente sostanzialmente inutile. Legittima solo i 5 membri permanenti»

La definizione è secca, puntuale, argomentata. E non lascia spazio all'ottimismo. Cosa è oggi l'Onu? «Un Ente sostanzialmente inutile». Ad affermarlo è uno dei più autorevoli analisti di politica internazionale: Lucio Caracciolo, direttore di «Limes», la rivista italiana di geopolitica. I riflettori restano puntati sulla Siria e sulla tragedia di un Paese devastato da una guerra entrata nel suo settimo anno. «Il rischio - avverte - è che la guerra continui a tempo indefinito perché ha una sua dinamica autonoma persino rispetto ai protagonisti interni ed esterni».
Per l'ennesima volta, la Russia ha esercitato il diritto di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per bloccare una risoluzione sulla Siria. E questo, quando ancora il mondo era scioccato dalle terribili immagini della strage di Idlib. Cosa è diventato oggi l'Onu?
«In questo momento direi un "Ente" sostanzialmente inutile, in quanto si limita a registrare i rapporti di forza sul terreno e non ha la capacità di iniziativa autonoma. La sua utilità residuale consiste nell'offrire un Forum permanente di dialogo e di contatto a livello mondiale. Mi domando se i costi giustifichino l'impresa».
A determinare questa paralisi-inutilità, sono solo i meccanismi decisionali, in particolare il diritti di veto, oppure c'è dell'altro?
«L'Onu è stata costruita per funzionare in questo modo. Serve ai Cinque membri permanenti (Usa, Russia, Cina. Francia, Gran Bretagna, ndr) del Consiglio di Sicurezza per legittimarsi collettivamente e per usare la bandiera Onu quando sono d'accordo. In altri casi, ognuno per sé, nessuno per tutti».
Il fallimento dell'Onu rappresenta il segno più evidente del fallimento di una governance mondiale?
«Non so cosa sia la "governance" e in generale diffido delle parole inglesi non tradotte in italiano. Se con "governance" intendiamo un governo mondiale, questo non c'è né ovviamente può esserlo l'Onu».
La Siria sembra essere il tragico simbolo del fallimento delle Nazioni Unite. La guerra è entrata nel suo settimo anno e l'orrore, come dimostra la strage di Idlib, non sembra aver fine.
«Il rischio è che la guerra continui a tempo indefinito perché ha una sua dinamica autonoma persino rispetto ai protagonisti interni ed esterni. In Siria esiste ormai solo una economia di guerra e senza la guerra questa economia non esisterebbe. Vi è quindi alla fine un interesse diffuso dei poteri locali a mantenere in piedi un conflitto che si svela solo massacro. In ogni caso, gli attori che usano la Siria dall'esterno, a cominciare da Iran e Arabia Saudita, per continuare con Turchia e Russia, e senza contare alcune potenze occidentali, sono troppi e troppo diversi tra loro per trovare rapidamente un punto di mediazione. Va peraltro rimarcato che se confermato, come appare sempre più probabile, l'impiego di gas contro i civili significherebbe che il regime siriano, violando gli accordi internazionali, ha conservato parte del suo arsenale chimico e non esita a farne uso. Damasco è ora il fattore più forte in una guerra che si annuncia lunghissima».
Vorrei tornare al quadro generale e alla difficoltà, se non addirittura all'impossibilità, di definire un governo mondiale democratico e inclusivo. Siamo dunque passati dall'era del multilateralismo a quella del sovranismo?
«Non so cosa s'intenda esattamente con "sovranismo". Se s'intende una forma ossessiva e accentuata di sovranità, mi sembra descrivere una reazione molto diffusa in Europa e non solo a una percepita perdita di identità. D'altra parte, liquidare la sovranità, su cui s'impernia tra l'altro la nostra Costituzione, comporta l'anarchia ovvero la prevalenza del più forte. Occorre prendere atto, e ragionare di conseguenza, che oggi nel mondo nessuno comanda, anzi la caratteristica dominante è la dissipazione del potere, le potenze assolute non esistono più. Ha una logica se è vero che un secolo fa gli Stati erano 53 e ora abbiamo superato quota 200. Del resto gli attori spesso protagonisti della geopolitica non sono più solo gli stati, ma associazioni, istituzioni, ong, chi manovra la finanza. C'è una complessità maggiore che rende poco governabile il mondo, e certo non sarà governabile dal Palazzo di Vetro».
A proposito della prevalenza del più forte o, comunque, di quello che è percepito come tale: quale bilancio trae dai primi mesi della presidenza dl Donald Trump?
«Trump sta sperimentando la resistenza degli apparati e dell'establishment ai suoi progetti piuttosto surreali: tale reazione è determinata dal fatto che i poteri americani considerano lo sperimentalismo trumpiano una minaccia alla sicurezza e alla potenza nazionali. La lotta durerà a lungo, ma certo Trump è in seria difficoltà».
Le Nazioni Unite non godono certo di buona salute politica, ma non è che l'Unione europea o la Nato se la passino meglio. Siamo al tracollo o alla progressiva  marginalizzazione degli organismi sovranazionali?
«In genere noi in Italia abbiamo sopravvalutato questi organismi. Se quella è l'unita di misura, il declino è evidente. Nessuna di queste organizzazione, specie la Nato ma in qualche misura anche la Ue, può funzionare senza un egemone. Oggi gli egemoni storici appaiono in crisi e all'orizzonte non se ne intravvedono di nuovi». U.D.G.

(L'Unità 7 aprile 2017)