venerdì 19 maggio 2017

Culto, perché

Il rapporto fra l'essere umano e il divino ha sempre avuto nel culto uno dei suoi elementi chiave e portanti. Si va dai culti a carattere più o meno misterioso, che si traducono in riti volti a soggiogare con il timore le persone, a culti in cui gli aderenti vengono invece coinvolti in prima persona in forma attiva e gratificante. Questo riguarda tutte le forme religiose, cristianesimo compreso.
Il culto infatti vuole stabilire e manifestare un rapporto, una relazione fra l'essere umano e Dio.
Ma, per noi, che cosa è il culto?
La parola culto deriva dal verbo latino colere che vuol dire coltivare. Il culto è dunque innanzi tutto il mezzo per coltivare, mettere in evidenza, la nostra relazione con Dio che si realizza poi nel rendergli onore e nel servirlo nella vita di ogni giorno.
Coltivare! Sappiamo bene che cosa comporta coltivare un orto, un giardino: vangare, seminare, diserbare, e poi soprattutto annaffiare regolarmente, per poi finalmente raccoglierne i frutti. Se per un motivo o per l'altro non lo facciamo i risultati saranno più o meno deludenti. Lo stesso possiamo dire a proposito del «coltivare un'amicizia», a coltivare una relazione», «coltivare la propria cultura» (anche la parola cultura deriva dal verbo latino colere), «coltivare una lingua» (per non dimenticarla). E potremmo continuare con gli esempi.
Coltivando la nostra fede, l'onore e il servizio a Dio diventano una realtà non formale ma impegnativa che coinvolge tutta la nostra vita. «Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di Dio a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, questo è il vostro culto spirituale». (Rom. 12,1).
Vediamo ora gli elementi chiave del culto.
Il culto è «invito» che Dio ci rivolge. «O voi tutti che siete assetati, venite alle acque...» (Isaia 55, 1). Un invito, non un dovere, non un obbligo, un invito da ricevere nella nostra piena libertà e responsabilità. Dobbiamo ricordarcelo sia che vi andiamo sia che non vi andiamo.
Il culto è «lode», è confessione di fede, fede nel Dio di amore che in Cristo Gesù ci salva e ci dona la vita eterna. «Benedici anima mia il Signore e tutto quello che è in me benedica il suo santo nome, benedici anima mia il Signore e non dimenticare nessuno dei suoi benefici» (Salmo 103, 1-2).
Il culto è «promessa»: «chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna»  (Giov 4, 14).
Il culto è «incontro» con Dio. «Il mio Dio mi verrà incontro nella sua bontà» Salmo (59, 10) e con il prossimo: non siamo soli, Dio è con noi e ci dona dei fratelli e delle sorelle con i quali condividere la nostra fede. «Erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli» (Atti 2, 42).
Il culto è «gioia». «Ecco quanto è buono ed è piacevole che fratelli siano insieme» (Salmo 133, 1).
Il culto è «ascolto» della Parola. «La tua Parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero» (Salmo 119, 105).
Il culto è «sorgente» di fede, speranza e amore. «Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza e amore ma la più grande di esse è l'amore» (I Cor. 13, 13).
Ricordiamo che il culto è stato ed è nei momenti terribili delle persecuzioni fondamentale per resistere e mantenere viva la fede dei credenti anche di fronte al martirio, ce lo ricordano le Catacombe, nella storia della chiesa primitiva, la Ghieisa d'la Tana, nella storia valdese, il Désert, nella storia degli ugonotti francesi.
Ecco perché ancora oggi il culto rimane essenziale per costruire una vita aperta alla promessa del Regno di Dio, spesso in alternativa a quanto proposto dalla nostra civiltà fondata sul benessere egoistico e chiuso.
Renato Coïsson

(L'Eco delle Valli Valdesi, 5 maggio)