mercoledì 3 maggio 2017

Verità e dottrine

Vorrei che i lettori potessero studiare con attenzione due libri di teologi di polso, non di uno come me, "ultima ruota del carro". Sto pensando al volumetto "All'alba del cristianesimo" del teologo cattolico Marie-Emile Boismard (Edizioni Piemme) e all'opera di Martin Werner "Le origini del dogma cristiano" (Edizioni Rubettino). In realtà la loro riflessione oggi è comune a moltissimi teologi e teologhe come Kung, Schillebeeckx, Guerrero, Meinrod Hebga, Ortensio da Spinetoli...
Libri come questi rappresenterebbero, se fossero divulgati e letti, un passo liberatorio per una accurata distinzione tra dogmi e verità cristiana. So che questo è uno dei temi oggi più attentamente considerati in campo cristiano. Ma è un terreno pericoloso agli occhi delle gerarchie che amano tanto dire che i loro "prodotti" sono la fotocopia della verità e della volontà di Dio.
Già il sottotitolo "prima della nascita dei dogmi" aiuta a entrare nello spirito e nel contenuto di questo libro, scritto da un vecchissimo esegeta e teologo cattolico. L'Autore vuole farci prendere coscienza che fede e dogmi possono anche non coincidere: "Subito dopo la risurrezione di Cristo, gli apostoli non credevano ancora che Gesù fosse Dio, essi non avevano alcuna nozione del mistero della Trinità, né supponevano che la morte del loro maestro avesse un valore redentivo" (pag. 5).
I dogmi sono costruzioni storiche che non necessariamente sono fedeli alla testimonianza dell'evangelo. Possono rappresentare uno "sviluppo", una prosecuzione, ma anche una elaborazione storica contingente o, addirittura, una deviazione, un tentativo maldestro. "Nel Nuovo Testamento non c'è traccia dell'affermazione secondo la quale ci sarebbero tre Persone in un unico Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo" (pag. 157). "Solo verso la fine del primo secolo si affermò che il logos era Dio" (pag. 157). Né questa affermazione può essere letta con gli occhiali dogmatici e i concili successivi.
È interessante ciò che l'Autore, uno dei maggiori studiosi delle Scritture cristiane, esplicita dal capitolo terzo fino alla fine: "All'alba del cristianesimo, fino verso gli anni 80, non esiste il problema di credere a dei dogmi: essi non sono ancora stati formulati. Solo negli scritti giovannei, a livello di Giovanni IIb, dunque verso gli anni 80-85, apparve la necessità di credere a uno dei nostri dogmi attuali: Gesù è Dio" (pag. 78), senza peraltro caricare questo linguaggio del significato attuale.
È davvero liberatorio sapere che i dogmi sono uno dei modi di dire la fede, una fede che può essere "detta" anche a prescindere da quelle formulazioni contingenti, storiche, soggette alla caducità di tutti i linguaggi.
Se poi al libro di Boismard si aggiunge la lettura di Martin Werner, "Le origini del dogma cristiano" (Rubettino Editore, 2 volumi), si capisce come la formulazione dei dogmi è stata una "impresa" complessa, dove hanno pesato le ragioni politiche, le istanze culturali, le lotte di fazioni contrapposte, i compromessi, i giochi linguistici, il trapasso da cultura a cultura.
Questo per esprimere con chiarezza una nuova consapevolezza del fatto che la fiducia in Dio e la sequela di Gesù costituiscono la nostra identità cristiana più che non l'adesione a quelle "formule" che possono aver fatto il loro servizio e il loro tempo".

Franco Barbero, 2001