venerdì 16 giugno 2017

Le nozze del capo scout gay che dividono preti e genitori

LUPETTI e coccinelle, ma pure esploratori e guide, «potrebbero confondersi». Per questo Marco Di Just, 45 anni, capo del branco scout di Staranzano, settemila anime alle porte di Monfalcone, si trova messo all'indice dal suo parroco, dalla diocesi di Gorizia e dai vertici dell'Agesci, l'associazione cattolica che in Italia rappresenta oltre 183mila iscritti.
Sabato era stato quello che tra lacrime e sorrisi aveva definito «il giorno più bello della mia vita ». Camicia bianca e smoking nero, papillon e scarpe da ginnastica rosso ciliegia, dopo nove anni d'amore aveva «finalmente potuto sposare» il suo compagno Luca Bortolotto, 46 anni, consigliere civico della maggioranza comunale di centrosinistra, look fotocopia per sottolineare «che ormai siamo due anime gemelle ». Municipio e piazza centrale paralizzati da una folla mai vista, una band improvvisata a suonare "Somewhere over the Rainbow" e "Dio è morto" di Guccini, poesie di Pablo Neruda, bacio davanti a famiglie e amici, lanci con riso e coriandoli a forma di cuore. «Una festa bellissima e commovente — dice il sindaco del Partito democratico Riccardo Marchesan, che ha celebrato la sua prima unione civile — piena di persone finalmente felici». La doccia fredda, mentre la coppia chiudeva i borsoni per il viaggio di nozze in bicicletta, è arrivata lunedì sul bollettino Facebook di don Francesco Fragiacomo. «Non ci sono più le condizioni — ha scritto il parroco — perché Di Just continui a fare l'educatore del gruppo scout. Ora tocca a lui decidere cosa fare». In concreto: un omosessuale sposato, nonostante lo Stato dal maggio 2016 ne riconosca il diritto al "matrimonio", non può animare i campeggi di bambini e adolescenti cattolici e deve dimettersi. La colpa del vecchio lupo scout, secondo don Francesco, è aver «esagerato» con i festeggiamenti, trasformando «una cerimonia privata in un evento pubblico gonfiato e ostentato», cliccatissimo sui social. «Come cittadino — dice — ognuno può fare ciò che la legge consente. Come cristiano e come educatore invece deve tenere conto della volontà di Dio e delle linee educative della Chiesa. Dio accoglie tutti, ma la Chiesa annuncia la bellezza del matrimonio tra uomo e donna, volto a generare figli. Se uno fa l'educatore di un'associazione cattolica e non è in linea con la sua missione, deve trarre conseguenze logiche».
Non una scomunica, ma un'esclusione e una discriminazione, sebbene aderire agli scout non implichi l'obbligo di assicurare la propria eterosessualità. Ancora più dura la condanna contro don Eugenio Biasiol, viceparroco di Staranzano, popolarissimo «don Genio», ex prete operaio nei cantieri navali di Monfalcone e guida spirituale degli scout del paese. L'accusa è di aver «sfidato l'autorità », prendendo «addirittura la parola durante il matrimonio». «Sono qui come amico ma pure come prete - aveva detto don Genio - anche se la Chiesa oggi ha tante difficoltà a riconoscere queste scelte. Certe svolte hanno bisogno di tempo per maturare». Un eufemismo. Da settimane parrocchia e curia erano in subbuglio. Don Fragiacomo aveva perfino telefonato all'arcivescovo Carlo Maria Radaelli e alla guida spirituale dell'Agesci regionale, don Andrea Della Bianca, affinché convincessero il loro capo scout a sposarsi «nella massima discrezione», evitando l'imbarazzo di dovergli «chiedere un passo indietro».
«No comment - dice il portavoce vescovile Mauro Ungaro - ma è chiaro che se un fatto privato viene reso pubblico, lo diventano anche le conseguenze». Il problema non è essere gay e scout: Chiesa giuliana e Agesci contestano la funzione educativa di un omosessuale che si sposa, in contrasto con la dottrina cattolica. «Avevo parlato molto con don Genio - dice il parroco - ma è adulto e non potevo mandare i carabinieri per impedirgli di andare a quel matrimonio. Quanto al capo scout, dico che un padre insegna con l'esempio: i bambini imparano guardando come vive e non possono venire confusi».
A prevalere, il timore che molte famiglie non gradiscano che i figli vengano accompagnati in gita, anche per giorni, da un capo scout coniugato con un altro uomo, con la licenza di parlare loro del proprio orientamento sessuale.
Paura e linea dura che spaccano però i vertici associativi. In silenzio dirigenti locali e nazionali Agesci, solo una fredda nota serale per comunicare che «il discernimento e la decisione sulle questioni educative sono in capo alla comunità educante che, sostenuta dalla Chiesa locale, confrontandosi con il Vescovo, saprà valutare ciò che deve essere fatto per il bene dei ragazzi, avendo come riferimento il Patto Associativo e il Magistero della Chiesa, nel rispetto di tutte le persone coinvolte». La sostanza è che il capo scout, causa matrimonio gay, dovrà lasciare i suoi lupetti. «Avremo momenti bellissimi — hanno detto Marco e Luca partendo per la luna di miele — ma anche salite e tempi in cui prenderci cura l'uno dell'altro. La realizzazione di un sogno non è solo felicità». Una bambina con il fazzoletto al collo ha sorriso e augurato alla coppia «buona strada».
Giampaolo Visetti

(la Repubblica 7 giugno)