lunedì 5 giugno 2017

VEGLIA CONTRO LA VIOLENZA OMOFOBA NELLA CHIESA: UN PARROCO SOTTO IL TIRO DEGLI ULTRÀ CATTOLICI

REGGIO EMILIA-ADISTA. «La preghiera è la forma più semplice e spontanea che abbiamo per comunicare con il Padre, per chiedere aiuto quando non sappiamo più a chi chiederlo, per invocare e perdonare. È facile perdonare un amico che ci ha fatto uno sgarbo. Più difficile pregare e perdonare colui che ci offende, colui che non ci accetta per quello che siamo»: sono le parole che don Paolo Cugini – parroco a Reggio Emilia della unità pastorale che comprende le parrocchie di Regina Pacis, Roncina, Spirito Santo, Codemondo e San Bartolomeo – ha pubblicato il 7 maggio sul suo blog "Pensando" (Regiron.blogspot.it), per riflettere sulle veglie promosse nel mese di maggio dai gruppi Lgbt credenti, in occasione della "Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia" del 17 maggio e per annunciare quella ospitata il 14 maggio dalla "sua" parrocchia Regina Pacis, guidata dalla scrittrice Maria Soave Buscemi, da 30 anni in Brasile, animatrice storica di gruppi biblici con il metodo della Lettura Popolare della Bibbia. La prima volta per il capoluogo emiliano, commenta Cugini sulle pagine locali del Resto del Carlino (9/5): «Questo sarà il primo evento del genere nella nostra città e sarà una veglia semplice. Spero che Reggio reagisca bene e che magari l'anno prossimo si potrà allargare questa manifestazione con qualcosa di più, come una fiaccolata o altri eventi collaterali. A darci la forza sono le parole di papa Francesco pronunciate un po' di tempo fa sul tema. Queste persone vanno accolte, non allontanate. Stiamo andando in questa direzione grazie a lui».
La sfida dei credenti omosessuali cattolici, per anni ostracizzati dalla vita comunitaria e considerati cristiani che vivono nell'errore quando non peccatori o addirittura malati, è presto sintetizzata, sottolinea don Paolo sul suo blog, dal versetto 14 del capitolo 12 della Lettera di San Paolo ai Romani, scelto come motto per l'edizione 2017: «Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite» (Rm 12,14). Questo passo della Scrittura «dice del desiderio di essere differenti, d'interrompere la catena dell'odio e del male, con gesti e parole di perdono». Anche perché, prosegue, «il rischio di rispondere all'odio con l'odio è sempre una grande tentazione, la risposta che ci viene più naturale. C'è troppa violenza nel mondo, violenza che si manifesta non solo con le guerre o con la forza fisica, ma anche con le idee e la ragione».
E questo è proprio il caso dell'esperienza di omosessuali e transessuali nella società italiana ma, ancor di più, nella Chiesa cattolica: «Quando non accettiamo che gli altri siano diversi da noi e vogliamo a tutti i costi curarli, farli a nostra immagine e somiglianza, facciamo violenza. Quando non ascoltiamo la realtà, che è plurale e molteplice, ma vogliamo imporre alla realtà le nostre idee e le nostre teologie, allora la violenza è dietro l'angolo. C'è troppa gente nel mondo che soffre a causa delle discriminazioni. Gesù ha insegnato che siamo tutti fratelli e sorelle, ci ha insegnato che siamo tutti figli e figlie di Dio».
Le veglie di preghiera per le vittime dell'omofobia e della transfobia e di ogni forma di discriminazione, che si celebrano in Italia e nel mondo da ormai 11 anni, nascono proprio, chiarisce don Paolo Cugini, «dal desiderio di voler interrompere la catena dell'odio, dal sogno che è possibile un mondo dove le persone si accettano, un mondo in cui nessuno impone all'altro il proprio stile, la propria religione, il proprio modo di pensare». E il sogno ancora non pienamente realizzato, conclude, di «una Chiesa sempre più inclusiva, una Chiesa della misericordia più che della condanna, una Chiesa in cui chiunque può sentirsi a casa, protetto e accolto». Si prega per chiedere al Padre «di vincere con l'amore il clima di odio di cui, tra l'altro, sono vittima le persone omosessuali e transessuali».
Intanto, l'annuncio della veglia emiliana e la sua promozione nelle parrocchie e nel quartiere ha suscitato qualche, purtroppo prevedibile, reazione scomposta da parte di cattolici decisamente più intransigenti. «Abbiamo pubblicizzato l'incontro con volantini distribuiti nella nostra parrocchia – ha raccontato il parroco al Resto del Carlino – ma anche in tutta la città. E abbiamo registrato scritte e parolacce sopra questi manifesti, contrari all'iniziativa. E questo fa capire quanto ci sia ancora da lavorare». Come si può osservare chiaramente in una fotografia inviata nei giorni scorsi ad Adista, per esempio, su un invito alla veglia affisso in una bacheca parrocchiale di Reggio è stato incollato un foglio bianco con la scritta: «A quando una serata di preghiera per i 100.000 esseri umani che vengono abortiti ogni giorno?».
Le parole di don Paolo Cugini, che denunciano sul suo blog l'approccio "violento" riservato gli omosessuali anche nella Chiesa, sono andate di traverso anche al quotidiano online tradizionalista La nuova Bussola Quotidiana, che il 17 maggio accusa direttamente don Paolo: il giudizio del quotidiano online sull'iniziativa del parroco è senza appello: "Sei violento non solo quando aggredisci fisicamente o verbalmente una persona omosessuale, ma anche quando dai retta al Catechismo di quella Chiesa cattolica a cui appartiene anche don Paolo allorché afferma che l'omosessualità è una condizione intrinsecamente disordinata. Lo sei quando inviti le persone omosessuali a cambiare orientamento perché, come ricorda San Paolo, "né effeminati, né sodomiti […] erediteranno il Regno di Dio". Purtroppo o per fortuna questa è non la nostra teologia, come asserisce don Paolo, ma quella della Chiesa cattolica».
Le veglie di preghiera promosse nelle parrocchie cattoliche, continua la lunga accusa della Bussola Quotidiana, «sono una delle espressioni del fenomeno dell'omoeresia. Con il pretesto di pregare per le vittime di discriminazione si diffonde tra i credenti non il credo cattolico sull'omosessualità, ma quello gay. Un vero cavallo di Troia: con la scusa di accogliere le persone omosessuali si accoglie l'omosessualità, non distinguendo più tra peccato e peccatore».
Giampaolo Petrucci

(Adista n° 19, 20 maggio 2017)