martedì 11 luglio 2017

COMMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA DI DOMENICA 16LUGLIO



Seminatori - non mietitori: la scommessa del seminatore

1 Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. 2 Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3 Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9 Chi ha orecchi intenda».10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».11 Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. 14 E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.
15 Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani
.16 Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. 17 In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!18 Voi dunque intendete la parabola del seminatore: 19 tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, 21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. 22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».

Matteo 13, 1-23

Gesù esce dalla casa di chi lo aveva ospitato e si siede in riva al mare. Proviamo ad immaginare questo scenario semplice che in Matteo preannuncia un nuovo insegnamento anche rispetto ai discepoli che saranno inviati a predicare nei villaggi.

 GESU’ PARLA DI SE’
Ma in realtà Gesù parla di se stesso, a partire dall’esperienza dei contadini della sua terra che egli conosceva molto bene.
Ma perché parla di se stesso? Perché ormai, giorno dopo giorno, incontrando ogni genere di persone, simpatizzanti ed oppositori,  aveva lungamente meditato sulla sua vocazione. Egli si sentiva come un seminatore che spargeva il seme della Parola di Dio e vedeva il suo lavoro, la sua fatica, il suo impegno esposti alla precarietà.
Non è nemmeno da escludere che questo “sedersi in riva al mare” sia stata una pausa voluta e ricercata per fare il punto con la gente e i discepoli. Una pausa anche inquieta, attraversata da una constatazione molto realistica: c’è una sproporzione tra il seme sparso e il risultato ottenuto.
Probabilmente Gesù, così attento alla realtà, è attraversato da un brivido, da uno sconcerto, da un momento di scoramento, soprattutto da una domanda inquietante: “ma vale la pena tutto questo mio impegno nel seminare?”.
Chi è abituato all’immagine di un Gesù tutto sicuro di sé, inossidabile, irraggiungibile dalle trepidazioni ed esitazioni umane più profonde, troverà forse fuori luogo questa riflessione. Ma Gesù, quello che cerchiamo di cogliere nella sua crescita storica, umana e spirituale, non poté non avvertire il senso e il peso di questa domanda.

GESU’ PARLA AI DISCEPOLI
 Ma la parabola, con un realismo davvero liberante, lascia trapelare sia la crisi di Gesù, sia la sua soluzione alla luce della fiducia in Dio.
Ci sarà il seme che si perde, ma c’è un’altra parte che “darà frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta” ( v. 8).
I suoi discepoli e le sue discepole devono saperlo: la loro vocazione di seminatori è un’avventura, una scommessa, una impresa per nulla prevedibile. Bisogna attrezzarsi per questa realtà fragile, con le sue mille incertezze. Bisogna resistere alla voglia di avere sempre e subito raccolti abbondanti.
In definitiva, Gesù proclama beati i discepoli (vv. 16-17) perché possono entrare in questa prospettiva e vedere, fuori da ogni illusione trionfalistica, il grano che cresce, il frutto che matura. Questa è la “beatitudine”, la sapienza che possiamo fare nostra se, anche oggi, siamo testimoni e seminatori del Vangelo.
Voler dissolvere la nostra identità cristiana, cioè vergognarci del Vangelo, perché non regge al confronto dell’efficienza e del sensazionalismo degli attuali mezzi di comunicazione, perché non porta i frutti che ci aspetteremmo, significa rinunciare al cammino interiore del seminatore. Egli consegna tutto il seme “alla terra dei cuori”, conosce il gemito dell’incertezza, ma tutto affida alla fedeltà di Dio.
L’evangelista Marco, al capitolo quarto, scrive che “il seme germoglia e cresce come il seminatore non sa”.

 SEMIMARE COME GESU’

Devo confessare che, avendo trascorso tutta la vita mettendo al centro la mia vocazione di piccolo seminatore della Parola, più volte ho dovuto fare i conti con domande inquietanti, con una fatica che non ti dà tregua, né visibilità né riconoscimento; addirittura con le derisioni pesanti di chi ritiene che la predicazione biblica sia ormai un fatto irrilevante.
Eppure ho anche avvertito la gioia di chi morde il pane buono, di chi diventa sempre più cosciente che il seme della Parola evangelica porta dei frutti, rinnova delle vite, alimenta la speranza, sollecita alla lotta. E ancora: essa germoglia inaspettatamente là dove non avresti visto che una zolla arida.
Gesù non ha mollato: questa è la testimonianza e la consegna che egli ha lasciato ai suoi discepoli e discepole e a noi.

 SEMINATORI NON MIETITORI
 Ho trovato molto significative le osservazioni del teologo José Antonio Pagola: “Nella chiesa di Gesù non abbiamo bisogno di mietitori. Il nostro compito non è quello di mietere successi, conquistare la strada, dominare la società, riempire le chiese, imporre la nostra fede religiosa. Quello che ci manca sono i seminatori.  Uomini e donne, seguaci di Gesù, che dove passano seminano parole di speranza e gesti di solidarietà. Questa è la conversione che oggi dobbiamo promuovere tra noi: passare dall’ossessione di “raccogliere” al paziente lavoro del “seminare”. Gesù ci ha lasciato in eredità la parabola del seminatore non quella del raccoglitore” (Matteo, ed. Borla, pg 122).

TI PREGO
O Dio, fai crescere tanti seminatori e seminatrici della Tua Parola nel mondo e nella chiesa. Aiutami ad essere ogni giorno quel discepolo che accoglie il seme, lo ama, lo innaffia, lo custodisce e attende il sole del Tuo amore. Il tutto come premessa per continuare a seminare la Parola che nutre e fa crescere: tutto riponendo e aspettando dalle Tue mani