JULIE
M. HOPKINS, Verso una cristologia femminista, Queriniana
Editrice, 1996
Un
libro assolutamente da leggere.
Le riflessioni cristologiche al
femminile vengono ripercorse con grande ampiezza e competenza.
Molto
vivace e coraggiosa la rimessa in discussione delle formulazioni di
Nicea e Calcedonia, nella consapevolezza che “una cristologia
dogmatica universale non è possibile” (pag. 24). “Le donne
cristiane che formano la spina dorsale delle loro comunità... non
credono più nelle dottrine cristologiche che odono ogni settimana
esposte dal pulpito o liricamente descritte nel loro innario” (pag.
32).
Calcedonia, con la sua formula del “vero Dio e vero uomo”
può essere capita come “simbolo esistenziale” (pag. 97)
dell'incarnazione del divino nella nostra umanità.
La “dottrina
della Trinità” per la nostra Autrice risulta essere un “dogma
confuso” (pag. 103). Anche le formule di Calcedonia, secondo cui
Gesù era “vero Dio e vero uomo”, può essere interpretato
intendendo che Gesù era un essere umano veramente “divinizzato”,
cioè “invaso”, guidato da Dio. “Gesù è importante soltanto
se era pienamente e unicamente umano.
Altrimenti parliamo di
qualcosa-qualcuno che non aveva una relazione piena e unicamente
umana con Dio, con le sue sorelle e i suoi fratelli” (C. Heyward,
pag. 144).
Per l'Autrice la “divinizzazione di Gesù cominciò
quando nella missione i cristiani cercarono di dare espressione al
loro senso della salvezza nel mondo greco-romano. In questo ambiente
i miti discendenti e ascendenti di un redentore, l'apparizione degli
dei in forme umane, animali o di spiriti, le speculazioni gnostiche
su un Uomo Celeste Divino e il culto dell'imperatore erano all'ordine
del giorno” (pag. 147).
Se il dogma di Calcedonia “è sorto come
riflessione teologica sulla persona di Gesù di Nazareth e
sull'esperienza salvifica di Dio che la sua vita, la sua morte e la
sua risurrezione hanno generato fra i primi cristiani..” (pag.
150), noi oggi, interrogandoci sulla nostra comprensione di Gesù,
possiamo formulare “comprensioni diverse” e usare altri
linguaggi. La cristologia deve riscoprirsi plurale, con “molte
sfaccettature” (pag. 171). “Non trovo che questa prospettiva
faccia paura” (pag. 171).
Invece,
purtroppo, mettere in atto linguaggi diversi costituisce spesso una
progressiva emarginazione all'interno delle stesse chiese cristiane.
Franco Barbero