martedì 25 luglio 2017

DA LEGGERE


JULIE M. HOPKINS, Verso una cristologia femminista, Queriniana Editrice, 1996


Un libro assolutamente da leggere.
Le riflessioni cristologiche al femminile vengono ripercorse con grande ampiezza e competenza.
Molto vivace e coraggiosa la rimessa in discussione delle formulazioni di Nicea e Calcedonia, nella consapevolezza che “una cristologia dogmatica universale non è possibile” (pag. 24). “Le donne cristiane che formano la spina dorsale delle loro comunità... non credono più nelle dottrine cristologiche che odono ogni settimana esposte dal pulpito o liricamente descritte nel loro innario” (pag. 32).
Calcedonia, con la sua formula del “vero Dio e vero uomo” può essere capita come “simbolo esistenziale” (pag. 97) dell'incarnazione del divino nella nostra umanità.
La “dottrina della Trinità” per la nostra Autrice risulta essere un “dogma confuso” (pag. 103). Anche le formule di Calcedonia, secondo cui Gesù era “vero Dio e vero uomo”, può essere interpretato intendendo che Gesù era un essere umano veramente “divinizzato”, cioè “invaso”, guidato da Dio. “Gesù è importante soltanto se era pienamente e unicamente umano.
Altrimenti parliamo di qualcosa-qualcuno che non aveva una relazione piena e unicamente umana con Dio, con le sue sorelle e i suoi fratelli” (C. Heyward, pag. 144).
Per l'Autrice la “divinizzazione di Gesù cominciò quando nella missione i cristiani cercarono di dare espressione al loro senso della salvezza nel mondo greco-romano. In questo ambiente i miti discendenti e ascendenti di un redentore, l'apparizione degli dei in forme umane, animali o di spiriti, le speculazioni gnostiche su un Uomo Celeste Divino e il culto dell'imperatore erano all'ordine del giorno” (pag. 147).
Se il dogma di Calcedonia “è sorto come riflessione teologica sulla persona di Gesù di Nazareth e sull'esperienza salvifica di Dio che la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione hanno generato fra i primi cristiani..” (pag. 150), noi oggi, interrogandoci sulla nostra comprensione di Gesù, possiamo formulare “comprensioni diverse” e usare altri linguaggi. La cristologia deve riscoprirsi plurale, con “molte sfaccettature” (pag. 171). “Non trovo che questa prospettiva faccia paura” (pag. 171).
Invece, purtroppo, mettere in atto linguaggi diversi costituisce spesso una progressiva emarginazione all'interno delle stesse chiese cristiane.

Franco Barbero