Ora
per Gesù era essenziale che la persona, sulla quale egli aveva
riversato il suo amore e infuso fiducia in Dio, si accorgesse essa
stessa del cambiamento avvenuto, misurasse e gustasse interiormente
quanto in lei era accaduto prima di divulgarlo (Marco 1,44).
Dopo,
solo dopo aver riposto nel cuore, ci sarà tempo e modo di narrare.
Infatti la bocca narra in modo diverso ciò che è stato assaporato
nel più profondo del cuore. Arriverà il giorno in cui sarà
necessario “gridare dai tetti” ciò che è stato sussurrato alle
orecchie, ma il tempo del silenzio , della “degustazione
spirituale” e della “ruminatio” impedisce che i doni di Dio
diventino irrilevanti per i nostri cuori.
L'esortazione
di Gesù a “non entrare nemmeno nel villaggio” non conduce al
rifiuto della condivisione di una gioia, ma esprime – al contrario
– la volontà di mettere al primo posto la “silenziosa”
benedizione a Dio e l'esigenza di trovare le parole “profonde”
per narrare l'evento. L'albero che affonda le radici ci insegna che
questo riporsi nel cuore della terra gli permetterà di espandersi
verso il cielo. Ripenso a Maria di Nazareth che, dopo aver generato
Gesù, “conserva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”
(Luca 2,19). In tempi di agitazione e di schiamazzi questa è una
lezione preziosa.
Franco
Barbero