martedì 4 luglio 2017

Senza casa Greta e Bijou lesbiche e con due figli respinte dalla burocrazia

IL loro amore è nato in una struttura d'accoglienza in Emilia Romagna, ma a Torino non riescono a trovare una casa in cui diventare una famiglia. Greta e Bijou sono una coppia lesbica che da alcuni mesi, con i rispettivi figli, vive tra ostelli pagati dal Comune, sistemazioni di fortuna e l'ospitalità dei militanti del comitato "Popolare Vallette-Lucento".
Si sono rivolte a tutti, assessori, consiglieri comunali e di circoscrizione, e agli assistenti sociali, ma per loro non è stata trovata una soluzione definitiva: «Solo porte sbattute in faccia» raccontano amare nella denuncia diffusa proprio dal comitato. «Greta e Bijou si sono rivolte davvero a tutti – dice un comunicato – È chiaro che il loro essere coppia e considerarsi una famiglia, così giovani e con due bimbi poi, non è andato sempre giù: "meglio se vi separate, insieme non potete stare, esiste una sola mamma per un solo bambino" sono alcune delle frasi che si sono sentite ripetere».
La loro è una storia difficile, fatta di violenze da parte degli ex compagni e delle comunità di origine che non hanno accettato la loro omosessualità. Bijou era stata addirittura mandata in Costa d'Avorio, il paese d'origine della sua famiglia: «Nel 2012 confessai ai miei genitori di essere lesbica: mi spedirono in Africa a "curarmi"» ricorda. Lì è rimasta incinta di quello che sarebbe dovuto diventare suo marito ed è scappata di nuovo in Italia. Dopo aver vissuto tra Lombardia ed Emilia con suo figlio è finita in una casa protetta: lì ha conosciuto Greta, ventenne e con un figlio come lei, di origine serba e in fuga da un compagno violento. Tra loro è nato l'amore, ma il rapporto è sempre stato contrastato dagli operatori della struttura tanto che sono scappate a Torino. Del loro caso si occupato anche l'assessore alle Pari opportunità, Marco Giusta, che però ha solo potuto pagar loro un ostello per alcuni giorni. Il fatto che una di loro abbia ancora la residenza in Emilia è la ragione burocratica per cui non possono avere accesso all'emergenza abitativa, e per la quale gli assistenti sociali non hanno trovato loro una struttura di accoglienza: «Ci hanno assicurato che saremmo rimaste insieme, ma alla fine non è stato così – racconta Greta – Negli incontri successivi gli assistenti sociali ci hanno infatti chiarito che non potevano trovarci una sistemazione perché non eravamo entrambe residenti sul territorio e anche perché il nostro essere una coppia avrebbe comportato problemi in qualsiasi struttura di accoglienza». Il comitato popolare, che da tempo si batte per il diritto alla casa e si oppone agli sfratti nel quartiere, ha rivolto un appello alle istituzioni: «Il loro è un caso limite, ma non è diverso a quello di centinaia di famiglie in difficoltà – attaccano – Ci chiediamo cosa il Comune voglia fare per loro e per tutti gli altri».
Jacopo Ricca

(la Repubblica 20 giugno)