giovedì 3 agosto 2017

RIFLESSIONE SULLA LETTURA DI DOMENICA 6 AGOSTO

RASFIGURAZIONE: VEDERE OLTRE L’APPARENZA

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti» (Matteo 17, 1-9).

Il quadro letterario e teologico che Matteo ci presenta è davvero suggestivo. Il brano, presente in tutti i sinottici, è ancora più diffuso e ricco di particolari nel vangelo di Luca. Ancora una volta può essere utile ricordare che non ci troviamo di fronte ad una cronaca, ma ad una costruzione teologica, ad una “narrazione” con cui l’evangelista vuole trasmetterci un messaggio significativo.

Se riusciamo a liberarci da una lettura fondamentalista o ingenua per cui tutto sarebbe avvenuto così come è narrato tra luci, colori, abiti, voci, apparizioni e sparizioni, allora possiamo più facilmente scoprire che questo linguaggio è a servizio di un profondo messaggio.
Il primo passo, superato lo scoglio letteralistico, consiste nel collocare questa pagina nel contesto letterario e teologico del vangelo di Matteo, domandandoci se esista alle spalle un rimando storico, un sottofondo al quale rifarci.

Contesto letterario

I discepoli, nel pieno del loro cammino al seguito di Gesù, stanno comprendendo che le cose si mettono male. Gesù non ha successo. Sulla sua strada si manifesta un crescendo di ostilità, di sordità, di opposizioni.
A momenti di entusiasmo si alternano sempre più frequentemente episodi di incomprensione, segnali di crescente difficoltà, tutte avvisaglie di un futuro incerto, poco promettente, rischioso. Gesù stesso diventa progressivamente più consapevole di questo “passaggio” poco allegro.
Il capitolo 16, che dovrebbe essere letto insieme al brano di oggi, unisce due particolari che illuminano il quadro. E’ lo stesso Pietro che non capisce Gesù, che è sconvolto dalla prospettiva di una fine ingloriosa del nazareno.
Del resto (e qui lo scritto è ben ancorato alla realtà) lo stesso Gesù vuole che i suoi discepoli e le sue discepole siano ben consapevoli del cammino intrapreso e dei pericoli connessi. I versetti 21-28 non sono affatto un invito a nozze.
Il nazareno scoraggia ogni decisione facilona e “pone condizioni” poco invitanti per la sua sequela. Sembrano versetti scritti per allontanare gli indecisi anziché sollecitarli alla decisione.

Il sottofondo storico
Proviamo a ricostruire ciò che può essere successo.
Gesù, il maestro esigente, affettuoso e sensibile, si è accorto dello sconforto, dello sconcerto, del dubbio, del dolore, della delusione che è penetrata nel cuore dei discepoli. “Perché tanta opposizione?”, si domandano i discepoli. Che sarà di tutta l’opera e del messaggio del loro maestro se intorno a lui cresce tanta opposizione?
Ma … se lui è l’inviato di Dio perché non viene riconosciuto? Perché il successo è così vacillante e sempre precario?
Il gruppo dei discepoli e delle discepole sembra frantumarsi nella disillusione. Era tutto un bel sogno che ora si andava dissolvendo?
Gesù non abbandona i suoi in quest’ora di sconcerto. Pietro, Giacomo e Giovanni (i tre che vengono di nuovo nominati insieme nell’ora del Getsemani) stanno ad indicare tutto il gruppo. Non perdiamo i tratti particolari del racconto: “Gesù li prende con sé e li conduce sopra un monte alto, in disparte” (Matteo). Marco aggiunge “In disparte da soli”. Luca precisa: “Presili con sé, salì sul monte a pregare”.
Se fossi un pittore vorrei dipingere questa scena di intimità. Là, lontano dalla folla, eccoli a parlare dei loro dubbi, dell’incertezza, dello sconcerto. E Gesù, che pure fa fatica anche lui a guardare avanti con fiducia, manifesta i suoi sentimenti e ascolta, ascolta …

Nulla è più importante per un maestro di vita, per un educatore che saper ascoltare, voler ascoltare. Hanno cercato questo “incontro” tutto per loro, non ai margini della strada, non un momento fuori dalla ressa. Sono andati insieme appositamente su “un alto monte” per poter prendere il tempo necessario al confronto, al dialogo.
E poi, come nelle ore in cui avverti che solo la forza che viene da Dio può aprire un sentiero, insieme hanno pregato … “Avevate forse immaginato che tutto fosse facile? Avete forse perso ora la fiducia in Dio? Non ricordate quello che ci dicono le

Scritture … ?”.
Gesù li rincuora con il suo amore tenero e forte e, meditando sul cammino di Mosé e di Elia e dei vari profeti, li aiuta a scoprire che i sentieri attraverso i quali Dio accompagna i suoi inviati non sono affatto di successo …La “gloria” di Dio, cioè la realizzazione a piccoli passi del Suo regno, passa spesso per sentieri strani e tribolati …In lungo e in largo il maestro ripercorre la testimonianza delle Scritture, con loro prega, sosta, riposa; gusta anche lui la vicinanza dei suoi discepoli, ne trae coraggio, fiducia.
Dunque…dobbiamo fidarci di Dio, proseguire il cammino con Gesù:questo matura nel cuore dei discepoli.
La compagnia di Gesù, la preghiera, la meditazione, il sostegno reciproco li hanno aiutati a trasfigurare il loro sguardo, a vedere oltre l’apparenza.
Dio ha aiutato Gesù a non arrendersi di fronte alle difficoltà e ha fatto vedere ai discepoli in modo nuovo, più profondo, il senso di ciò che sta succedendo. Ai loro occhi il Gesù che appare un perdente, un profeta avviato al fallimento, viene trasfigurato, cioè appare come colui che davvero compie la volontà di Dio.
In questo profeta osteggiato imparano a vedere il testimone fedele di Dio.
Dio rende gli occhi della loro fede capaci di vedere il significato di ciò che avviene nella vita del nazareno: l’apparenza è un fallimento, ma la sostanza è ben diversa.
Gesù è il profeta amato da Dio, da Lui scelto:”Ascoltatelo”. Quando Matteo, o colui che chiamiamo così, verso gli anni 85 redige il suo vangelo, ormai è ben chiaro per la sua comunità che la vita e il messaggio di Gesù sono davvero un grande dono di Dio, una feconda testimonianza del regno di Dio da “ascoltare” e da seguire.
E per noi oggi?
Come tentavo di esprimere nel commento delle “beatitudini” due settimane fa, oggi è la stagione dei ricchi, di chi ha mezzi potenti, di chi dispone di strumenti di persuasione e di manipolazione, di chi può farsi sentire attraverso canali grandiosi ed apparecchiature giganti. Puoi essere un berlusca qualunque, ma se hai i mezzi, cioè i soldi, puoi gabbare una nazione e farti passare per un galantuomo o un salvatore della patria.
In questa gara dei potenti che cosa può fare il messaggio “impotente” delle Scritture e di Gesù? Quello che va in televisione normalmente ha già fatto il concordato con il potere, ma quello che non dispone di canali clericali come può incidere? Ha ancora senso meditare il messaggio del profeta di Nazareth nei nostri gruppi e nelle nostre comunità? Può questo messaggio incidere nella vita?
La “voce della nube”, metafora per esprimere il pensiero di Dio, ci fornisce un’indicazione positiva e chiara: il “momento” della contemplazione ”in disparte, sulla montagna” è assolutamente necessario per “cambiare gli occhi”, imparare a guardare oltre le ingannevoli apparenze, ma poi occorre scendere nella pianura.
La meditazione-contemplazione nella Bibbia è ascolto, accoglimento, raccoglimento, concentrazione, svuotarci degli idoli per fare spazio alla Parola di Dio. Essa è la terra delle sorgenti e quel silenzio in cui risuona vera e profonda la “voce”: ascoltatelo, seguitelo, vivete il suo messaggio.

La conclusione del brano è tutt’altro che irrilevante: “Non dite a nessuno la visione finchè il figlio dell’uomo non sia risuscitato dai morti”.
Le grandi svolte o i piccoli passi profondi che avvengono nei nostri cuori e nelle nostre scelte non vanno subito proclamate ai quattro venti, ma prima approfondite, lasciate maturare, dando tempo di mettere radici.
Ma l’espressione ha anche un pungente sapore sapienziale: solo chi segue Gesù “fino alla croce”, solo chi accetta di mettersi sui suoi passi anche nei momenti difficili, può capire il senso della sua vita, può comprendere la “visione”, può vivere la “trasfigurazione”.

Se nella nostra piccola vita cerchiamo di essere in cammino sulla strada delle beatitudini, se accettiamo anche i percorsi contro corrente che questo esige, allora il volto di Gesù ci appare splendente come il sole e le sue vesti bianche come la luce. Belle queste immagini: Gesù diventa per noi come la luce del sole. Il suo messaggio è sole che fa vivere.

O Dio, grazie perché Gesù è il maestro che ci ha insegnato con la sua vita a guardare oltre ogni apparenza, oltre ogni cultura, oltre ogni tradizione.