Lettera aperta al Presidente della Repubblica francese il 20 luglio
Lo
storico israeliano Shlomo Sand sfida Emmanuel Macron nel suo
discorso, tenuto in presenza di Benjamin Netanyahu, per commemorare
la retata del Vel’ d'Hiv.
Cominciando
a leggere il suo discorso sulla commemorazione della retata di Vel'
d'Hiv, ho provato gratitudine verso di lei. Infatti, alla luce di una
lunga tradizione di dirigenti politici, di destra e di sinistra, che,
in passato e al presente, hanno ignorato la partecipazione e la
responsabilità della Francia nella deportazione di persone di
origine ebraica nei campi di sterminio, ha preso una posizione chiara
e inequivocabile: si, la Francia è responsabile per la deportazione;
si, c'è stato l'antisemitismo in Francia, prima e dopo la seconda
guerra mondiale. Si, dobbiamo continuare a combattere ogni forma di
razzismo. Ho visto queste posizioni come in continuità con la sua
dichiarazione coraggiosa fatta dall’ Algeria, che il colonialismo è
un crimine contro l'umanità. Ad essere sinceri, ero piuttosto
infastidito dal fatto che ha invitato Benjamin Netanyahu, che senza
dubbio è uno che rientra nella categoria degli oppressori, e quindi
non può erigersi a rappresentante delle vittime di ieri. Certo, ho
da tempo notato l'impossibilità di separare la memoria dalla
politica.
Forse
ha voluto mostrare una strategia sofisticata, ancora non rivelata,
per contribuire a realizzare un giusto compromesso in Medio Oriente?
Ho smesso di capirla quando, durante il suo discorso, lei ha
affermato che: " l’antisionismo… è la
forma reinventata
dell’antisemitismo".
Affermazione che aveva lo scopo di soddisfare il vostro
ospite, o si tratta semplicemente di ignoranza politica? L'ex
studente di filosofia, l'assistente di Paul Ricœur ha così poco
letto libri di storia, da ignorare che molti Ebrei, o discendenti di
origine ebraica, si sono sempre opposti al sionismo senza essere
antisemiti? Mi riferisco a quasi tutti gli ex grandi rabbini, ma
anche alle posizioni di alcuni esponenti dell'ebraismo ortodosso
contemporaneo. Ho anche in mente artisti del calibro di Marek
Edelman, uno dei leader sopravvissuti alla rivolta del ghetto di
Varsavia, oppure i comunisti di origine ebraica, il gruppo dei
resistenti Manouchian, che perirono. Penso anche al mio amico e
maestro: Pierre Vidal Naquet, e altri grandi storici o sociologi come
Eric Hobsbawm e Maxime Rodinson i cui scritti e ricordi mi sono cari,
o ancora a Edgar Morin. Infine, mi chiedo se, sinceramente, lei si
aspetta che i Palestinesi non siano anti-sionisti! Suppongo,
tuttavia, che lei non apprezzi particolarmente la gente di sinistra,
né, forse, i Palestinesi; Inoltre, sapendo che lei ha lavorato nella
banca Rothschild, le faccio una citazione di Nathan Rothschild,
presidente dell'Unione delle sinagoghe in Gran Bretagna, primo Ebreo
ad essere nominato Lord nel Regno Unito, di cui divenne anche il
governatore della banca. In una lettera nel 1903 a Theodore Herzl, il
banchiere di talento ha scritto: "Io vi dico francamente: tremo
all'idea di fondare un insediamento ebraico nel senso pieno del
termine. Tale insediamento sarebbe diventato un ghetto, con tutti i
pregiudizi di un ghetto. Un piccolo, minuscolo, Stato ebraico, devoto
e non liberale, che rifiuta il cristiano e lo straniero. Rothschild
ha forse sbagliato nella sua profezia, ma una cosa è certa, però:
non era antisemita! Ci sono stati e ci sono, ovviamente, antisionisti
che sono anche anti-semiti, ma sono ugualmente certo che troviamo
antisemiti tra gli adulatori del sionismo. Posso anche assicurarle
che molti dei sionisti sono razzisti, la cui struttura mentale non
differisce da quella dei perfetti Giudeo fobici: essi cercano
instancabilmente un DNA ebraico (ciò, fino all'università dove
insegno). Per chiarire ciò che è un punto di vista antisionista, è
importante, tuttavia, concordare prima sulla definizione di
"sionismo" o quanto meno su una serie di caratteristiche di
tale concetto; ciò a cui ho intenzione di dedicarmi il più
brevemente possibile. In primo luogo, il sionismo non è l’ebraismo,
contro cui rappresenta persino una rivolta radicale.
Nel
corso dei secoli, pii ebrei hanno nutrito una profonda devozione
verso la loro terra santa, Gerusalemme in particolare, ma hanno
tenuto al precetto talmudico che intimava loro di non emigrare
collettivamente, prima della venuta del Messia. Infatti, la terra non
appartiene agli Ebrei, ma a Dio. Dio ha dato e Dio ha ripreso, e
quando vorrà, Egli manderà il Messia per restituire. Quando il
sionismo è emerso, ha detronizzato "L’Onnipotente"
sostituendolo con il soggetto umano attivo.
Ognuno
di noi può giudicare se il progetto di creare uno Stato ebraico,
esclusivo, su un pezzo di terra super popolato di Arabi sia un’idea
morale. Nel 1917, la Palestina contava 700.000 Arabi tra musulmani e
cristiani e circa 60.000 Ebrei, la metà dei quali erano contrari al
sionismo. Fino ad allora, le masse popolari Yiddish che, volendo
sfuggire ai pogrom dell'Impero russo, avevano preferito emigrare
verso il continente americano, dove, in effetti, giunsero in due
milioni, in fuga dalle persecuzioni naziste (e da quelle del regime
di Vichy). Nel 1948, in Palestina c’erano 650.000 Ebrei e 1,3
milioni di Arabi musulmani e cristiani, 700.000 dei quali divennero
profughi: è su queste basi demografiche che è nato lo Stato di
Israele. Nonostante questo, e nel contesto dello sterminio degli
Ebrei europei, molti antisionisti sono giunti alla conclusione che,
se non vogliamo creare nuove tragedie, lo Stato di Israele dovrebbe
essere considerato come un fatto irreversibile. Un bambino nato da
uno stupro ha il diritto di vivere, ma cosa accadrà se questo
bambino percorre le orme di suo padre?
E
venne 1967: da allora, Israele regna su oltre 5,5 milioni di
Palestinesi, privati dei diritti civili, politici e sociali.
Essi sono assoggettati al controllo militare israeliano: per alcuni
di loro, in una sorta di "riserva indiana" in Cisgiordania,
mentre altri sono rinchiusi in una " riserva di filo spinato "
a Gaza (70% di loro sono rifugiati o discendenti da rifugiati),
Israele, che continua a proclamare la sua volontà di pace, considera
i territori conquistati nel 1967 come parte integrante della "terra
di Israele", e ne dispone a suo piacimento: finora, vi sono
stati installati 600.000 coloni ebrei israeliani ... e non è
finita!
È
questo il sionismo odierno? No! Risponderanno i miei amici della
sinistra sionista, che continua a restringersi, e diranno che la
dinamica della colonizzazione sionista deve finire, che un piccolo
Stato palestinese ristretto deve essere stabilito accanto allo Stato
di Israele, che lo scopo del sionismo era di fondare uno stato dove
gli Ebrei potessero esercitare la sovranità su se stessi, non
conquistare “l’antica patria” nella sua totalità. Per loro, la
cosa più pericolosa in tutto questo: che l'annessione dei territori
occupati costituisce una minaccia per Israele in quanto Stato
ebraico.
E’
giunto precisamente il tempo di spiegarle il motivo per cui le
scrivo, e perché mi definisco come un non-sionista o antisionista,
senza pertanto diventare anti-ebraico. Il suo partito politico, porta
nel suo titolo: "La Repubblica", quindi immagino che lei
sia un repubblicano convinto. La sorprenderò: questo è anche il mio
caso. Quindi, essendo democratico e repubblicano, non posso sostenere
uno stato ebraico, come fanno tutti i sionisti di destra e di
sinistra, senza eccezione. Il Ministero degli Interni israeliano
identifica il 75% dei suoi cittadini, come Ebrei, il 21% come Arabi
musulmani e cristiani e il 4% come "altro" (sic). Ora,
secondo lo spirito delle sue leggi, Israele non appartiene a tutti
gli Israeliani, ma agli Ebrei di tutto il mondo che non hanno alcuna
intenzione di venire a viverci. Per esempio, Israele appartiene molto
più a Bernard Henry-Levy e Alain Finkielkraut, che ai miei studenti
israelo-palestinesi che parlano ebraico, a volte meglio di me!
Israele spera anche che verrà il giorno in cui tutte le persone del
CRIF, ed i loro "sostenitori" vi emigreranno! Conosco anche
francesi antisemiti, incantati da questa prospettiva! Per contro,
abbiamo sentito due ministri israeliani, vicini a Benjamin Netanyahu
emettere l'idea che deve essere incoraggiata il "trasferimento"
degli Arabi israeliani, senza che nessuno abbia avanzato la richiesta
di dimissione dai loro incarichi. Ecco perché, Signor Presidente,
non posso essere un sionista. Sono un cittadino desideroso che lo
Stato in cui vivo sia una Repubblica israeliana, non uno Stato
comunitario ebraico. Discendente di Ebrei che hanno sofferto così
tanto la discriminazione, non posso vivere in uno Stato che,
attraverso la sua auto-definizione, fa sì ch’io sia un cittadino
con dei privilegi. Secondo Lei, Signor Presidente, questo non fa di
me un antisemita?
20
luglio 2017. Shlomo Sand, storico israeliano
(Tradotto
dall’ Ebraico da Michel Bilis)
Google
Traduttore per le aziende:Translator ToolkitTraduttore di siti web
Tradotto
dal francese da Anissa Manca