venerdì 22 settembre 2017

COMMENTO DI FRANCO BARBERO SUL BRANO EVANGELICO DI DOMENICA24

Le tentazioni degli operai della prima ora.

1 Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale, sul far del giorno, uscì a prendere a giornata degli uomini per lavorare la sua vigna. 2 Si accordò con i lavoratori per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3 Uscì di nuovo verso l’ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati, 4 e disse loro: “Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che sarà giusto”. Ed essi andarono. 5 Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. 6 Uscito verso l’undicesima, ne trovò degli altri in piazza e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?”. 7 Essi gli dissero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna” . 8 Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9 Allora vennero quelli dell’undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. 10 Venuti i primi, pensavano di ricevere di più, ma ebbero anch’essi un denaro per ciascuno. 11 Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: 12 “Questi ultimi hanno fatto un’ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato tutto il peso della giornata e sofferto il caldo. 13 Ma egli, rispondendo ad uno di loro, disse: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito di fare del mio ciò che voglio?O vedi tu di mal occhio che io sia buono? 16 Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”.
Matteo 20, 1-16

Le parabole, come sappiamo, non vogliono dettare comportamenti universali e, in questo caso, non esiste da parte di Gesù, l'intenzione di fissare le regole per un'azienda agricola.


Le parabole sono spesso delle provocazioni,
ci aiutano a cambiare il nostro modo di
vedere le cose. Cozzano contro le nostre
logiche collaudate e ci invitano ad andare
oltre.
In qualche modo noi saremmo stati tra quei lavoratori che, protestando, avrebbero ricordato al padrone della vigna il peso sopportato di un'intera giornata di lavoro. Avremmo forse anche noi mostrato il "cartellino dell'orario" e difeso i nostri "meriti". 
Nel suo pellegrinaggio da villaggio a villaggio fino a Gerusalemme Gesù, per testimoniare l'amore sovversivo di Dio, non ha messo al centro della sua attenzione i "pii", ma si è chiaramente rivolto ai "peccatori", ai lontani, alle persone emarginate.


Gesù è stato "partigiano" di quelli dell'ultima
ora, li ha accolti a prescindere dai loro
"meriti", mettendo in crisi le persone che
avevano una mentalità meritocratica, la 
religione della cosiddetta giustizia
retributiva.
Del resto, proprio i versetti conclusivi del capitolo 19 dello stesso Vangelo (19, 27ss), mettono in luce quanto gli stessi discepoli fossero legati al concetto di retribuzione, del "quanto me ne viene"...

Dentro la comunità di Matteo
Se per Gesù la parabola rendeva ragione della sua scelta preferenziale per gli ultimi e gli emarginati, le donne e gli "impuri" della società del suo tempo, Matteo doveva fare i conti con un contesto nuovo.

E' del tutto probabile che dentro la "comunità" degli anni 85-90 ci fossero alcuni che vantassero titoli particolari di fedeltà dalla prima ora, di coerenza e di perseveranza rispetto ad altri fratelli e sorelle di varia provenienza e di recente aggregazione al ceppo originario.

Può darsi che Matteo avesse in mente le
pretese di anzianità di alcuni che forse
reclamavano per sé un'autorità quasi
intoccabile, un atteggiamento reverenziale
nei loro confronti.
Forse l'evangelista pensava ai membri di
origine ebraica della sua comunità, che
provavano irritazione per le funzioni di
leadership ormai esercitate da persone
giunte dal cosiddetto paganesimo.
I nuovi venuti volevano esserci e contare davvero, ma i primi arrivati rischiavano di sentirsi privati della loro primogenitura. Si tratta di tensioni ben comprensibili, di cui tutti/e abbiamo fatto personalmente esperienza nelle nostre parrocchie o comunità.

Semplicemente lavoratori nella vigna
Un Dio geometra o ragioniere, che tenga la contabilità esatta dei meriti e dei demeriti, che segni sul Suo taccuino della storia le ore di lavoro ordinario e straordinario di ciascuno/a di noi, che annoti le presenze e le assenze, che funga da amministratore del condominio umano, è totalmente estraneo al pensiero di Gesù.
Le persone che incontravano Gesù
percepivano che non c'era situazione che le
escludesse dall'amore incondizionato di Dio.
Anzi, per Gesù il Padre aveva atteso e
accolto il figlio prodigo con una grande
festa.
Un Dio così, ovviamente, non era facilmente “digeribile” dai tanti primi della classe che la società e la religione del suo tempo onoravano, riservando agli altri marginalità e disattenzione.


Ma proprio di questo Dio, così indigesto ai potenti e ai “virtuosi”, Gesù dava testimonianza ogni giorno. Il profeta di Nazareth era il simbolo vivente di questo Dio dell'accoglienza; le sue parole e la sua maniera di relazionarsi facevano “gustare” un Dio diverso, dal cuore sempre accogliente. Ma non si tratta semplicemente di una bella idea; si tratta di una pratica sovversiva, di un comportamento quotidiano che parta sempre dagli ultimi e dalle ultime.

Vedete e gustate come è buono il Signore (Salmo 34,8)
Sì , davvero: Gesù ha fatto “gustare” la presenza del Dio accogliente. Questa è la missione dei cristiani nel mondo e costituisce l'essenza della vocazione di ciascuno/a di noi.
Se personalmente ci sentiamo accolti
dall'amore di Dio in modo radicale ed
incondizionato, se non vantiamo diritti di
primogenitura, di superiorità o di esclusività,
allora potremo nella nostra vita quotidiana
dare testimonianza di questo Dio il cui cuore
è un oceano di tenerezza, di perdono, di
calore e di fiducia.
Dobbiamo imparare continuamente a non
confondere Dio con i nostri schemi religiosi e
morali.
Dobbiamo permettere a Dio di essere altro
da noi.
Dobbiamo semplicemente permettergli di
essere Dio” ( José Antonio Pagola).
Forse su questa strada impareremo che
abbiamo bisogno degli “operai dell'ultima
ora” perché essi spesso sanno vivere e
testimoniare l'amore di Dio con meraviglia e
freschezza. Forse gli " operai dell'ultima ora"
non hanno in testa tutto l'arsenale
catechistico, ma ci dicono più chiaramente
la realtà dell'oggi in cui siamo chiamati/e a
testimoniare il Vangelo.