mercoledì 7 marzo 2018

La profezia di Mandela che si realizza

Gioviale, affabile, capace di dire 'noi tutti' e non 'io', Cyril Ramaphosa, sarcastico e volitivo, è un vero negoziatore, ma anche uno che non le manda a dire. 27 aprile 1994, Nelson Mandela vince le prime elezioni libere, ma il giorno dell'inaugurazione Ramaphosa, segretario dell'African national congress, non c'è, tanto era bruciante vedere Thabo Mbeki come vicepresidente. Mandela l'aveva detto: devo decidere tra Thabo e Cyril l'uno tornato dall'esilio, l'altro cresciuto nelle lotte in Sudafrica; l'uno laureato in Inghilterra, l'altro all'Università del Nord, non distante dallo Zimbabwe. Interni o fuoriusciti? Giovani o di esperienza? Alla fine Mandela decise per l'esperienza degli esiliati, gli Mbeki, gli Zuma. Ramaphosa aveva inghiottito il rospo, lavorato alla nuova Costituzione - un capolavoro di ingegneria - e poi aveva detto a Mandela: meglio seguire gli affari. I due si erano conosciuti nel 1989 e Ramaphosa, che aveva costruito il sindacato, nel '90 fu incaricato di reggere il microfono a Mandela nel discorso appena uscito di prigione, dal balcone del municipio di Città del Capo. «Una volta Mandela mi disse: tu hai tutto per essere presidente, ma sei troppo giovane». Ora, però, ha 65 anni.
Francesco Malgaroli

(la Repubblica 16 febbraio)