venerdì 19 marzo 2021

Brasile, condanne annullate: ora Lula può ricandidarsi


Luiz Inácio Lula da Silva torna in campo. Esce pulito dalla lunga vicenda giudiziaria che lo ha inseguito per tre anni. Il giudice del Tribunale Supremo Federale Edson Fachin ha annullato tutti i quattro processi in cui il padre della sinistra brasiliana è imputato. Il motivo è di procedura: il Tribunale che lo ha giudicato e condannato prima a dieci anni e poi in appello a 17, dei quali 580 giorni scontati in carcere, era incompetente. Si azzera tutto. La decisione era nell'aria, il Supremo era chiamato a pronunciarsi sull'ultimo ricorso della difesa.

Le rivelazioni di The Intercepet Brazil avevano svelato un rapporto diretto tra il giudice Moro e il pool dei pm dell'inchiesta Lava Jato. Il primo suggeriva ai secondi quali prove trovare e come usarle nello scontro che avevano con il due volte presidente del Brasile. Il Di Pietro brasiliano

con quei messaggi su Telegram, aveva messo in discussione la sua imparzialità. L'accanimento era più che un sospetto. Lula si è sempre proclamato innocente, ma si è fatto il carcere uscendo a testa alta quando gli sono stati concessi i domiciliari. È rimasto un po' in silenzio godendosi il suo momento di passione con la sociologa militante del Pt che ha conosciuto durante le giornate di prigione a Curitiba. Poi ha rilasciato interviste, ha partecipato all'ultimo congresso del Pt, ha ascoltato più che parlato e a chi gli chiedeva se tornava sulla scena rispondeva in modo vago. «Io sono sempre qui. Ma ho la mia età, ci sono ottimi dirigenti». Nell'ultima intervista a El País si era spinto oltre: «Certo, se poi la gente vuole me, mi chiede di tornare in campo, sono pronto. La politica è la mia vita, ho sempre fatto questo». Lula è libero di candidarsi per il 2022. Può fare quello che gli hanno impedito di fare nel 2018. Jair Bolsonaro ha vinto ma non ha stravinto. Haddad ha fatto quello che poteva, candidato solo all'ultimo dopo il lungo tormento all'interno del Pt su cosa fare e chi candidare in attesa di una sentenza assolutoria che invece si trasformò in condanna ancora più severa. 

Daniele Mastrogiacomo

la Repubblica 9 marzo