lunedì 22 marzo 2021

ERDOGAN RITIRA IL DECRETO CHE PROTEGGEVA LE DONNE

Violenza sulle donne Lo strappo di


 Erdogan "Via dalla Convenzione"


di Gabriella Colarusso

Con un decreto di mezzanotte, venerdì sera, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ritirato la Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, un trattato che fu firmato nel 2011 da 45 dei 47 Paesi che appartengono al consiglio d’Europa proprio in Turchia e con il consenso del partito del presidente, l’Akp. La Convenzione fu una svolta storica perché sanciva l’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne e obbligava i Paesi firmatari ad adottare politiche contro la violenza di genere. Ma le cose in Turchia non sono andate come i movimenti per diritti civili speravano: in 10 anni, il numero dei femminicidi è triplicato. Il governo non fornisce statistiche ufficiali ma secondo la piattaforma Kadin Cinayetlerini Durduracagiz (Fermiamo i femminicidi) solo nel 2020 «sono stati commessi 300 femminicidi» in Turchia e «171 donne sono state trovate morte in circostanze sospette». Dall’inizio dell’anno, gli omicidi di donne sono stati già 77.

La decisione di Erdogan ha scatenato la reazione immediata della società civile: il movimento femminile è uno dei più forti e radicati in Turchia e ieri in migliaia sono scese per le strade di Istanbul e di Ankara per chiedere il ritiro del decreto presidenziale e una lotta reale contro la violenza e le discriminazioni di genere. Il principale partito di opposizione, il repubblicano Chp, ha annunciato che farà ricorso al consiglio di Stato turco contro la decisione del Presidente. Anche l’Occidente protesta. «Un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne», denuncia il Consiglio d’Europa, promotore del testo. Mentre il ministero degli Esteri tedesco parla di «segnale sbagliato».

Il governo difende la sua posizione sostenendo che l’impegno contro la violenza sulle donne non verrà meno, ma che la Convenzione era diventata un elemento di divisione all’interno della società turca. «Erdogan persegue un’agenda islamista e conservatrice, usa i diritti umani per mobilitare la sua base per la quale la Convenzione di Istanbul è una minaccia per la famiglia tradizionale e un modo per sostenere gli omosessuali. L’idea di fondo è che il compito della donna è essenzialmente essere madre», spiega Seren Selvin Korkmaz, direttrice del think tank indipendente ?stanbul Political Research Institute di Istanbul. «I sondaggi più recenti mostrano che Erdogan sta perdendo consensi, non riesce a dare soluzioni in politica estera ed economia e questa mossa è un modo per recuperare terreno e dividere l’opposizione».

Sebbene diversi analisti sostengano che anche dentro l’Akp ci siano spaccature, con una parte delle donne del partito a favore della Convenzione, ieri in sostegno al Presidente è arrivata la dichiarazione pubblica dell’organizzazione filo-governativa Kadem, la cui vicepresidente è Sumeyye Erdogan, figlia di Erdogan, che l’anno scorso aveva difeso il trattato internazionale in dissenso dalle posizioni del padre. «La Convenzione di Istanbul è stata un’importante iniziativa per combattere la violenza contro le donne. Ma ha ormai perso la sua funzione originaria e si è trasformata in una ragione di tensioni sociali», ha dichiarato in un comunicato. L’uscita dal trattato arriva in un clima di forti tensioni in Turchia: una nuova ondata di repressione ha colpito attivisti per i diritti umani e minoranze. Come il partito curdo Hdp, terzo partito del Paese, sciolto quattro giorni fa.


La Repubblica, 13 marzo