giovedì 11 marzo 2021

La mappa degli aiuti

Sacerdoti, volontari, cooperanti. Il pianeta Italia nella trincea Africa


In Africa, ventre molle del pianeta, gli aiuti italiani arrivano da decenni sotto le forme più disparate, dal progetto di un'organizzazione umanitaria quale il Cesvi o Intersos al pozzo scavato da un pensionato che fa volontariato all'ospedale gestito da una decina di suore in un villaggio di pigmei nascosto nel profondo di una giungla. Ci sono poi gli aiuti più istituzionali, quelli che provengono dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, presente in nove Paesi dell'Africa subsahariana e che vanno dal restauro del Museo archeologico di Khartoum alla creazione di scuole e centri di salute.

In Africa è ovviamente molto presente la Chiesa cattolica. Ci sono istituzioni che fanno volontariato, quali i Cavalieri di Malta o l'Ordine del Santo Sepolcro, molto vicini al Vaticano. Ci sono poi i movimenti ecclesiali, quali Sant'Egidio, e tante ong cattoliche, una tra tutte l'Avsi, legata a Comunione e Liberazione. C'è la fondazione "Aiuto la chiesa che soffre" che sul suo sito si presenta come «il balsamo della carità cristiana sulle vittime dell'estremismo islamico africano». Tra i missionari italiani, molti provengono da diocesi che li "prestano" a diocesi africane. Il Pime, Pontificio istituto missioni estere, è invece una comunità di preti e di laici che dedicano la loro vita «all'annuncio del Vangelo e alla promozione umana presso altri popoli e culture», tra i quali ovviamente quelli africani.

In questo contesto non si può non citare "Medici con l'Africa Cuamm", fondata da Francesco Canova nel lontano 1950. Finanziata in parte dalla Conferenza episcopale italiana e in parte da donazioni private, è tra le maggiori organizzazioni non governative sanitarie italiane per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane. Il suo motto è "l'ultimo miglio", che indica appunto la difficoltà delle sue sfide. Il Cuamm opera in sette Paesi del Continente, dall'Etiopia, al Mozambico, dal Sud Sudan dov'era presente durante la recente guerra civile alla Sierra Leone dove durante l'epidemia di Ebola poteva vantarsi di mantenere non chiudere le porte dell'ospedale che gestiva, il solo rimasto aperto nei tre Paesi più colpiti dal virus. Il suo direttore, don Dante Carraro; unisce in sé la vocazione sacerdotale e quella medica: cardiologo e runner, trascorre quindici giorni al mese a Padova, e gli altri quindici in giro per i progetti dell'ong, dove quando può dice messa.

Pietro Del Re

la Repubblica 23 febbraio