martedì 16 marzo 2021

La parola

speranza


In una capitale così militarizzata da non promettere la pacificazione invocata da Joe Biden, la ventiduenne Amanda Gorman recitava la sua "poesia inaugurale" piena di verbi al futuro. Ma anche il passato è terra da ripercorrere e riparare per quel «noi che pur soffrendo speravamo». La speranza era stata la fiamma con cui gli schiavi avevano trasformato una fede imposta con la forza in forza per resistere e lottare. Aveva invaso Washington con la marcia del reverendo King per risuonare ovunque nei versi della giovane poeta afroamericana.

Intanto in Italia si acuiva una crisi di governo a cui è subentrato il governo Draghi. I media non cessano di esaltare SuperMario, ma quanta speranza c'è davvero in Italia? Perché nessuno, tranne proprio Draghi, chiama Next Generation EU il fondo europeo così centrale per il suo mandato? Tutti continuano a parlare del Recovery, nome evocativo di un malato che va aiutato a rimettersi, come se fosse solo questa la speranza di un paese vecchio e talmente disilluso da non vedere futuro se non come ripresa del passato. «Siamo noi la Next Generation EU, la Next Generation Italia» rivendicano invece gli autori di una lettera a Draghi scritta a nome degli Italiani Senza Cittadinanza. Un milione di giovani attende da decenni la riforma di una legge che con l'attuale coalizione sarà di nuovo rinviata a chissà quando.

Tradire una speranza ha un costo; e non riguarda solo quei ragazzi, ma le nuove generazioni in generale. Ci sono costi e investimenti che non possiamo delegare al miglior economista.

HELENA IANECZEK

28 febbraio 2021 L'Espresso