giovedì 4 marzo 2021

LE PERSONE SENZA DIMORA RISCHIANO DI ESSERE ESCLUSE DALLA VACCINAZIONE

 Covid-19, 500 mila invisibili rischiano di essere esclusi dalla vaccinazione

Marina Della Croce
Il Manifesto
23.02.2021

Sono sotto gli occhi di tutti eppure per le istituzioni praticamente non esistono. Sono tanti, quasi un esercito: 500 mila persone tra senza fissa dimora, sia italiani che stranieri, uomini e donne privi di documenti o di un permesso di soggiorno, apolidi, ma anche una parte della popolazione Roma e Sinti. Invisibili dal punto di vista amministrativo e per questo impossibilitati in piena pandemia a rientrare nel piano nazionale vaccini.
A sollevare l’attenzione su di loro sono state, con una lettera al ministro della salute Roberto Speranza. le associazioni che aderiscono al Tavolo immigrazione e salute (Tis), tra cui la Caritas, Emergency, medici senza frontiere, Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm) e Sanità di frontiera. Tutte hanno chiesto al nuovo governo di emanare al più presto indicazioni nazionali per definire le modalità di inclusione nel Piano nazionale vaccinazioni di queste 500 mila persone. «Il diritto al vaccino c’è, ma non è praticabile», spiega l’avvocato Marco Poggi dell’Asgi. «Aver individuato nel medico di famiglia il tramite per l’accesso al vaccino rischia di tradursi in un ostacolo insormontabile per questa particolare fascia di popolazione. A meno che in ogni Asl non si individui un medico di riferimento per queste persone».
Quello che le associazioni chiedono è di prevedere una «flessibilità amministrativa così come indicato dall’Aifa, eventualmente anche mediata da enti locali oppure da organizzazioni dell’associazionismo e del terzo settore» per agevolare le vaccinazioni anche a coloro che la momento sono esclusi perché non hanno documenti come la tessera sanitaria, il codice fiscale o una carta di identità.
Il tavolo ricorda come anche nelle indicazioni dell’Aifa ci sia la raccomandazione di effettuare le vaccinazioni alle persone, sia italiane che straniere, che si trovino in condizioni di fragilità accettando «qualsiasi documento (non necessariamente on corso di validità) che riporti l’identità delle persone da vaccinare». Ma anche che, «in mancanza di un qualsiasi documento verranno registrati i dati anagrafici dichiarati dalla persona e l’indicazione di un' eventuale ente/struttura/associazione di riferimento».
Nonostante queste il fatto che per prenotare il vaccino occorre iscriversi a una piattaforma nazionale o presso il medico di famiglia oppure in un altro luogo attraverso il codice fiscale o la tessera sanitaria, rischia di rappresentare un ostacolo per la popolazione più fragile. Esempi in tal senso on mancherebbero. Le associazioni ricordano come questo sia già accaduto in alcune Regioni «con l’obbligatorietà della ricetta dematerializzata e la prenotazione on line».
I dati forniti dall’Istituto superiore di sanità evidenziano come i casi di positività al Covid 19 sono meno numerosi tra gli stranieri rispetto a quelli riscontrati tra i cittadini residenti ma, avvertono e associazioni, «tra le persone straniere c’è un certo numero di diagnosi ritardate che, comportando un aggravamento clinico, portano a una maggiore ospedalizzazione rispetto agli italiani. Il ritardo diagnostico spesso, è determinato dalla scarsa assistenza socio- sanitaria».
Da qui la richiesta di valutare la possibilità di procedere alla somministrazione del vaccino nei centri per i migranti, negli alloggi affollati e nei rifugi per senza tetto.