venerdì 12 marzo 2021

UNA DONNA VERA LEADER: MOLTO LAVORO POCA IMMAGINE

Cuppi “Io, da Marzabotto alla guida di un Pd in lotta Torniamo vicini alla gente” 

di Giovanna Casadio

ROMA — «Da Marzabotto alla ribalta nazionale per gestire il Pd dopo le dimissioni di Zingaretti mi fa tremare le vene ai polsi? No, mi sento abbastanza tranquilla. È un grande onore e onere. Ma mi impegno nello stesso modo – da sindaca, da presidente del partito, da semplice militante – per una politica che stia vicino alle persone». Valentina Cuppi, 37 anni, sindaca di Marzabotto e presidente Pd, oggi sarà di nuovo a Roma.

Cuppi, fino al 2019 quando è stata eletta presidente del Pd di Zingaretti lei non aveva neppure la tessera. Ora fa le veci del segretario dimissionario. La ribalta nazionale le fa tremare le vene ai polsi?

«Sono una amministratrice e provengo dalla sinistra. Non avevo la tessera dem fino a inizio 2020, ma ho sostenuto la campagna per Zingaretti segretario con Piazza Grande. È impegnativo avere la responsabilità di una comunità grande come il Pd, peraltro dopo un anno difficilissimo per via della pandemia. Mi sono trovata ai vertici di un partito come presidente all’improvviso e già mi sono dovuta orientare. Dopo un anno ho capito come funziona e ora riesco a fronteggiare anche questa situazione assai più impegnativa».

Marzabotto è un Comune dell’Appennino, di 6.800 abitanti, martoriato dall’eccidio durante la Seconda guerra mondiale, dove lei va casa per casa, è così?

«Siamo andati con gli assessori e i consiglieri durante il lockdown per rassicurare, portare mascherine e anche generi alimentari. È un territorio montano, ci sono persone fragili a cui stare vicini. Per me la politica è occuparsi del bene delle persone. Mi piace un Pd che va in questa direzione, che nei territori apre i circoli ai senza fissa dimora e aiuta chi è in difficoltà. Il Pd deve stare lontano dai blocchi di potere sconnessi con la vita delle persone».

Alcuni l’hanno criticata per aver ricevuto le Sardine al Nazareno. È allergica alle liturgie di partito?

«Sono stata quattro ore a discutere con le Sardine: ci siamo confrontati sul futuro della sinistra, condiviso idee e valori. Hanno fatto anche critiche al partito ma ho detto loro e dico a tutti che un Pd aperto, largo e dalla parte delle persone significa anche inclusivo e rispettoso della pluralità che lo caratterizza. Ho dedicato tempo a loro come a tanti e tante militanti che volevano essere ascoltati. Ora rappresento tutta la comunità dem. Però non rinuncio alla mia idea di Pd. Ho accettato il ruolo di presidente perché ho creduto in un Pd aperto».

Quali sono gli adempimenti da fare in vista dell’Assemblea del fine settimana? Tutti sulle sue spalle?

«Ho chiesto l’aiuto di un gruppo di lavoro, con Cecilia D’Elia, Nicola Oddati, Chiara Braga, Walter Verini, Stefano Vaccari, Marco Furfaro, Caterina Bini e Andrea Orlando e, ovviamente, con le due vice presidenti Ascani e Serracchiani. 

Dal punto di vista pratico sono tranquilla. Le dimissioni di Zingaretti sono state un atto politico molto forte e i problemi indicati non sono spariti».

Quasi uno schiaffo al partito in preda alle correnti al punto di vergognarsene, quello di Zingaretti.

«Le aree politiche e culturali diverse sono diventate correnti in lotta per il potere. La sfida vera ci sarà dopo l’Assemblea, perché il Pd va rifondato con una discussione profonda».

È stata giudicata la “donna invisibile” del Pd: si è sentita offesa o spronata a prendersi la scena?

«Né l’uno, né l’altro. Mi è scivolato addosso. Lavoro senza cercare visibilità. Mi ha dato fastidio che ciò sia stato usato strumentalmente».

Se fosse adottato lo schema Orfini, che traghettò da presidente dem il partito verso le primarie, lei se la sentirebbe di farlo?

«Io farò tutto quello che è necessario in base alle decisioni dell’Assemblea.

Se può servire perché il Pd sia il grande partito che vogliamo, io ci sono e mi impegnerò al massimo».