giovedì 27 maggio 2021

IL LEGITTIMO DIRITTO DEI PALESTINESI

Il mondo metta fine a questa occupazione

La Repubblica 21/5
Abeer Odeh

Ovviamente il cessate il fuoco è una buona notizia, ma questo non sarebbe un vero risultato se non portasse ad un cambiamento delle politiche di Israele nei confronti della Palestina, che sottopongono la nostra popolazione a continue vessazioni esponendola a rischi quotidiani concreti e rendendo la situazione esplosiva nell'intera regione.
Se il cessate il fuoco dovesse semplicemente riportare la lancetta al giorno prima dei bombardamenti israeliani, questo non comporterebbe la fine delle sofferenze del popolo palestinese. Se la comunità internazionale non si metterà duramente al lavoro per individuare le responsabilità dell'occupazione israeliana chiedendo a Israele di rispondere dei suoi crimini, saremo di nuovo al punto di partenza. 
Dobbiamo tenere a mente che il punto di partenza è l'occupazione e dobbiamo ricordarci che cosa significa occupazione: presenza militare e controllo della tua terra da parte di una potenza straniera. Nel nostro caso, la situazione è aggravata dal furto di terra portato avanti dai coloni, che vivono illegalmente sui nostri territori e sfruttano le nostre risorse impedendo ai nostri cittadini di goderne. Immaginate se tutto questo accadesse in Italia. Parliamo di vere e proprie annessioni, che il diritto internazionale ritiene totalmente illegali. Una situazione di fatto, imposta con l'uso della forza, non è legittima. Questo principio universale del diritto si applica anche a Israele, che non può essere al di sopra della legge e deve farsi carico delle proprie responsabilità.  
Lo dicono molte risoluzioni delle Nazioni Unite, che in molti casi riguardano proprio Gerusalemme Est, dove tutto è cominciato: i palestinesi che vivono a Gerusalemme Est non sono arabi israeliani, ma palestinesi che vivono nella loro legittima capitale, occupata dall'esercito e dai coloni israeliani nel 1967. Chiunque abbia letto i giornali sa che la miccia della cosiddetta "escalation" è stata innescata dalla repressione israeliana durante le celebrazioni del Ramadan, che hanno visto coloni ed esercito aggredire i fedeli perfino dentro alla Moschea di Al-Aqsa; dagli sfratti nel  quartiere di Sheikh Jarrah, che non sono "questioni private" ma parte della pulizia etnica che Israele porta avanti a Gerusalemme Est senza alcun titolo; e dal boicottaggio delle elezioni palestinesi, ottenuto proibendo ai cittadini di questa città di votare per il proprio Parlamento e il proprio Presidente. 
Ben prima che partissero i razzi da Gaza, la violenza e le provocazioni delle forze di occupazione e dei coloni avevano raggiunto livelli mai visti, fino a profanare i luoghi sacri. L'attenzione dei media italiani sui razzi di Hamas è stata per questo paradossale e fuorviante. Si è parlato di autodifesa di una potenza occupante e si è rimosso completamente dalla narrazione tutto ciò che veniva prima: non solo ciò che è accaduto nelle sconvolgenti giornate di Gerusalemme Est, ma anche quello che va avanti da anni in tutta la Palestina, cioè l'espandersi delle colonie illegali, la demolizione delle case palestinesi, le detenzioni arbitrarie, le uccisioni ingiustificate, le condizioni di vita miserabili alle quali sono condannati i palestinesi, l'Apartheid, l'impossibilità di avere un nostro Stato.
Ci saremmo aspettati un minimo di apprezzamento per gli sforzi della leadership palestinese di resistere a tutto questo in modo pacifico. A Gaza, sotto le bombe israeliane sono morte almeno 243 persone, tra cui 39 donne, 17 anziani e 66 bambini. Nessuno di loro era uno "scudo umano", erano tutti esseri umani. A sentire Israele, è colpa loro se sono morti. Ed è colpa degli abitanti della Striscia se adesso devono contare quasi 2.000 feriti e 100.000 sfollati, senza casa e in cerca di rifugio, mentre in Cisgiordania e a Gerusalemme Est i cittadini uccisi dalle forze di occupazione solo nell'ultima settimana sono 29 e i feriti 4.000.  
Questa aggressione traumatizza ulteriormente una popolazione già bersagliata: non solo quella di Gaza, fatta di 2 milioni di persone che vivono da 14 anni sotto assedio, ma quella di tutta la Palestina, vulnerabile alla macchina da guerra della potenza occupante e senza la protezione internazionale di cui ha disperato bisogno.
Risulta evidente che non ci sarà mai pace senza giustizia. Dopo il cessate il fuoco, serve un'immediata iniziativa politica basata sul diritto internazionale e le risoluzioni ONU, che metta fine all'occupazione israeliana dei Territori Palestinesi del 1967 con capitale Gerusalemme Est, e risolva la questione dei rifugiati sulla base della Risoluzione ONU 194 del 1948, che garantisce il diritto al ritorno anche attraverso forme di risarcimento. L'intervento della comunità internazionale e del Quartetto per il Medio Oriente sono a questo punto obbligatori. Ringraziamo tutte le associazioni, i movimenti e le forze politiche italiane e di tutto il mondo che ci hanno dimostrato una vicinanza preziosa in un momento drammatico. Le loro manifestazioni, numerose e partecipate, provano ancora una volta il nostro legittimo diritto ad essere liberi.

L'autrice è ambasciatrice della Palestina in Italia