giovedì 20 maggio 2021

Il virus e l'Anima

di Luciano Fico

 

La stanza della Psicoterapia, così come lo studio di Psichiatria sono spazi abitualmente affollati di disagio, di paura, di vergogna, di tristezza e anche di angoscia.

Proprio il malessere dell'anima spinge le persone a chiedere aiuto, dapprima, e a cambiare, poi.

Ora siamo tutti sottoposti ad una situazione anomala, inattesa e protratta di limitata libertà e di grande paura a causa di un virus: nulla è più come prima, neppure lo spazio dedicato ai turbamenti della psiche.

 

Per prima cosa ho potuto registrare un significativo aumento della domanda: 30-40% in più di incontri settimanali.

L'incremento di accessi in studio non è iniziato con il primo lock down, dove anzi le persone si erano spaventate e avevano sospeso del tutto ogni contatto con me in studio. Gli incontri e le visite sono ripresi in tarda primavera con la consueta affluenza: da Gennaio 2021 le richieste sono aumentate nella misura che ho indicato.

 

La situazione sociale e psicologica anomala in cui ci ritroviamo a vivere da un anno ha indotto uno stress diffuso, andando quindi a causare scompensi nelle persone più fragili.

Ho però l'impressione che il fattore più deleterio sia stata la perdita di speranza e di prospettiva.

Con il secondo e poi il terzo picco di casi positivi al Covid-19 sembra essersi rotto qualcosa in molte persone, che mai avevano presentato disturbi psichici prima d'ora: il radicale cambiamento dei rituali sociali (il tempo dello svago condiviso; la separazione del tempo del lavoro da quello libero; gli equilibri di presenza e di assenza dei genitori rispetto ai figli; il contatto fisico, sessuale e non, come veicolo di rinforzo al nostro esserci) ha tolto a tutti i naturali sostegni psicologici, che normalmente ci permettono di reggere anche situazioni faticose e sfidanti.

 

Sto osservando una serie di casi in cui la modalità di manifestazione dei disturbi è anomala, insolita. L'intensità del malessere è percepita come molto intensa e le persone ne sono spaventate. In numerosi casi i quadri di tipo depressivo si connotano molto rapidamente per pensieri suicidari ed anche i casi di suicidio agito sono aumentati drasticamente nella mia ridotta casistica.

Insolitamente frequenti anche i casi "misti", in cui il vissuto depressivo si manifesta contemporaneamente ad un'intensa agitazione. I disturbi sono più tenaci e resistenti sia al trattamento farmacologico che all'approccio psicoterapeutico.

Essendo il crollo depressivo causato e sostenuto da eventi reali ed esterni alla persona, risulta meno efficace l'approccio psicoterapeutico, essendo meno incidenti le cause interne.

Il livello su cui si può pensare un intervento è quello esistenziale: confrontarsi con l'ineludibilità del Male, della sofferenza, del limite e della morte. Chiaramente, però, il misurarsi con questa dimensione dell'esistere implica un livello evolutivo personale già molto elevato, altrimenti si rischia di peggiorare lo stato di malessere, togliendo ogni capacità residua di reagire.

 

Nella popolazione giovanile, che sempre più spesso accede al mio studio negli ultimi anni, mi sembra che l'influsso della pandemia sia piuttosto diverso.

La perdita della speranza e la tendenza all'isolamento erano già profondamente radicate nei ragazzi e nelle ragazze dai 17 ai 25 anni: il virus ha solo accentuato e semmai giustificato tale tendenza.

Mi sembra che l'avvento della pandemia abbia sottratto forza alle obiezioni che gli adulti potevano portare a quei giovani che cercavano una vita sempre più isolata e limitata alla propria camera, all'abuso di comunicazione virtuale a scapito degli incontri reali, alla perdita di prospettive e di ideali. Il Covid-19 sembra radicalizzare una visione giovanile pessimistica e rassegnata, laddove era già presente.

Stesso fenomeno lo osservo anche con le persone ipocondriache, quelle con la fobia del contagio e del contatto, quelle ossessivo-compulsive, che trovano nel continuo controllo una barriera alle proprie ansie.

Sia una parte dei giovani che le persone con questi disturbi nevrotici si ritrovano quindi a proprio agio nei limiti e nelle abitudini indotte dalla pandemia e vanno quindi a rinforzare i propri comportamenti disadattivi, che ora sono invece diventati adeguati al contesto pandemico.

 

Anche nel mio campo di intervento e di interesse, a fronte delle osservazioni attuali, sorge potente la domanda circa l'esito a lungo temine di questo processo.

Passata l'emergenza sanitaria si tornerà alla normalità precedente oppure si è avviata una trasformazione, che porterà ad evoluzioni al momento imprevedibili?

In ogni caso la poltrona dello psicoterapeuta rimarrà un luogo di incontro con se stessi e con l'altro, che accompagnerà ogni evoluzione del nostro mondo: può cambiare la visione della vita, possono cambiare le modalità di incontro, può mutare il contesto sociale in cui ci muoviamo, può cambiare la cultura che ci ispira così come il nostro rapporto con l'ecosistema in cui siamo inseriti, ma non cambierà mai il nostro bisogno umano di dialogo autentico.

(da Insonnia mensile di Racconigi, aprile/maggio 2021, pag. 5 - contatti@insonniaracconigi.it)