lunedì 24 maggio 2021

IN CILE PER LA PRIMA VOLTA LA COSTITUZIONE RAPPRESENTERA' LE VARIE ETNIE

 Per la prima volta i popoli originari potranno scrivere la Costituzione cilena

 Claudia Fanti

Il Manifesto
23.05.2021

Per la prima volta nella storia del Cile saranno anche rappresentanti dei popoli originari a scrivere una Costituzione. E sono figure di grande rilievo, a partire dalla machi Francisca Linconao, la più votata, con circa 14mila voti, alle elezioni del 15 e 16 maggio per i 17 seggi riservati ai popoli indigeni nella Convenzione costituente: mapuche, aymara, kawésquar, rapanui, yagán, quechua, atacameño, diaguita, colla e chango.
Diventata famosa per aver vinto nel 2009 la causa contro la Sociedad Palermo Limitada, responsabile dell’abbattimento illegale di alberi nei pressi della sua comunità – la sentenza a suo favore è stato il primo caso di applicazione in Cile della Convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro -, l’autorità spirituale mapuche è stata indagata per due volte, e infine scagionata, per l’incendio alla residenza dell’imprenditore Werner Luchsinger, morto nel rogo nel 2013 insieme alla moglie Vivienne.
Un caso di persecuzione politica – a cui la machi ha risposto anche con uno sciopero della fame – riconducibile a quella Legge Antiterrorista varata da Pinochet e usata ancora oggi per colpire dirigenti e autorità ancestrali in lotta per la restituzione delle terre usurpate.
Con lei sono risultati eletti anche l’avvocata dei diritti umani Natividad Llanquileo, portavoce dei prigionieri politici mapuche in sciopero della fame nel 2010; Adolfo Millabur, primo sindaco mapuche nella storia cilena; Elisa Loncon, docente dell’Università di Santiago e specialista in lingua mapudungun, da molti indicata come possibile presidente della Convenzione costituente, oltre a Rosa Catrileo, Victorino Antilef e Alexis Caiguan, mentre è andata malissimo a tutti i candidati finanziati – massicciamente – dalla destra.
Come ci ha spiegato lo storico mapuche Fernando Pairican, è stata la vittoria dei rappresentanti del movimento autonomista – soprattutto donne impegnate nella difesa dei diritti collettivi indigeni-, favorevoli alla costruzione di uno stato plurinazionale e interculturale «come una tappa del processo verso l’autodeterminazione». Una linea caratterizzata dal principio dell’Introfil Mongeñ: quell’insieme di politiche mirate a generare «un equilibro tra il processo produttivo e la sostentabilità della natura» che costituirebbe la via di transizione al Küme Mongen, il buen vivir mapuche.
La novità dei seggi riservati ai popoli indigeni non ha avuto la meglio, tuttavia, sulla loro diffidenza nei confronti delle istituzioni: è stato infatti meno del 23% degli iscritti al registro elettorale indigeno a prendere parte alle elezioni. Una limitata affluenza dovuta in parte all’assenza di informazioni e al difficoltoso processo di votazione, ma riconducibile anche alla forza del movimento più radicale di lotta per l’autodeterminazione, con il suo esplicito rifiuto del processo costituente. 
Così ci ha confermato l’artista e comunicatore mapuche-chehuelche Juan Carlos Carrilaf, attivo in territorio wenteche, dove sono più di 60 le comunità impegnate in un processo di recupero territoriale e dove la repressione dello stato si è fatta sentire anche durante le elezioni, quando le forze dell’ordine hanno attaccato violentemente il lof Caucauche, una comunità in conflitto con l’imprenditore Juan Muñoz Canobi.
«Il movimento territoriale di resistenza wenteche ha deciso di non prendere parte alle elezioni», ci ha spiegato, indicando come prioritaria la lotta per l’autonomia territoriale contro latifondisti e imprese forestali. «La presenza di candidati mapuche – sostiene -, non implica avere una politica mapuche, perché il sistema è sempre lo stesso». Una sfuducia che condivide anche sua moglie, Rosario Railaf Zuñiga, figlia del noto ex dirigente del Movimiento Campesino Revolucionario Rafael Railaf Caniu, espulso in Olanda sotto la dittatura di Pinochet, la quale evidenzia come i mapuche entrati in Parlamento non siano riusciti a ottenere nulla.
Tuttavia, ci dice, se ne avesse avuto la possibilità (né lei né suo marito hanno potuto iscriversi al registro elettorale indigeno per motivi burocratici), a votare ci sarebbe andata: «Avrei scelto Natividad Llanquileo, lottatrice instancabile in difesa dei diritti dei popoli originari».