venerdì 4 giugno 2021

CANADA : UNA PAGINA CUPA DI RAZZISMO E ABUSI

 La vergogna del Canada "Ecco le fosse comuni dei bimbi indigeni"


di Enrico Franceschini
La Repubblica 30/5

LONDRA — Una fossa comune con i resti di 215 bambini riapre una cupa pagina del passato del Canada: la "cultura del genocidio" imposta alle popolazioni indigene dai colonizzatori bianchi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Tra il 1863 e il 1998, 150 mila bambini furono strappati alle famiglie delle tribù dei nativi dal governo canadese e chiusi in speciali "scuole residenziali" per cancellare ogni traccia delle loro tradizioni, costringendoli ad accettare la civiltà e la religione occidentale. Tenuti praticamente prigionieri, in condizioni di denutrizione, di maltrattamento e spesso anche di abusi sessuali, a migliaia morirono di stenti o malattie e vennero fatti scomparire nel nulla. Fino ad oggi non esistevano prove concrete del misfatto perpetrato dalle autorità di Ottawa: ma ora le ossa saltate fuori dal terreno dove sorgeva una di queste scuole- prigioni nello stato di British Columbia dimostra che non si trattava di una leggenda bensì di un segreto mantenuto per troppo tempo.
«Sapevamo che queste cose erano accadute nella nostra comunità, ma non eravamo in grado di confermarle », afferma Rosanne Casimir, capo dei Tkemlups te Secwepemc , la tribù che rivendica i resti dei corpicini come propri, «per noi sono morti non documentate», dunque omicidi da investigare. Le cause e la data dei decessi non sono ancora chiari, ma alcuni dei corpi sembrano di bambini di appena tre anni. «Quello che è emerso oggi mi spezza il cuore, è un doloroso ricordo di un capitolo vergognoso della nostra storia», commenta il primo ministro canadese Justin Trudeau. «Quelle scuole fanno parte di una ignobile politica coloniale », gli fa eco Carolyn Bennett, ministra per le relazioni con gli indigeni. «Purtroppo non è una sorpresa », osserva Richard Jock, presidente della Nazione Indigena, l’organizzazione che riunisce le tribù di nativi del Canada. «Ma le conseguenze continuano a farsi sentire per la nostra gente. Vogliamo giustizia».
L’ultima residential school per i figli degli indigeni ha chiuso poco più di venti anni or sono. Ai bambini veniva proibito di parlare la lingua nativa o di praticare la propria religione e le proprie tradizioni. Il rapporto di una commissione chiamata a indagare nel 2008 aveva già documentato l’orrore di queste istituzioni: molti bambini non vennero mai restituiti ai genitori, molti morivano all’interno delle scuole e venivano fatti sparire. Il vitto era scarso. Non c’era riscaldamento d’inverno. Un sopravvissuto ha raccontato di suore che lo costringevano a cospargersi il viso con la propria urina. Epidemie di morbillo e tubercolosi erano frequentissime, anche perché i bambini dovevano dormire a decine in una piccola stanza. Fra tre o quattromila perirono in queste scuole senza lasciare traccia. Un successivo rapporto del 2015, denominato Truth and Reconciliation (Verità e riconciliazione), ha equiparato la tragedia dei nativi del Canada a un «genocidio » e il governo canadese aveva già presentato scuse ufficiali alle tribù indigene per le violenze da esse sofferte. Ma adesso sarà aperta un’altra inchiesta e ci saranno nuovi scavi in cerca di altre fosse comuni. L’orrore continua.