La vergogna del Canada "Ecco le fosse comuni dei bimbi indigeni"
di Enrico Franceschini
La Repubblica 30/5
LONDRA
— Una fossa comune con i resti di 215 bambini riapre una cupa pagina
del passato del Canada: la "cultura del genocidio" imposta alle
popolazioni indigene dai colonizzatori bianchi a partire dalla seconda
metà dell’Ottocento. Tra il 1863 e il 1998, 150 mila bambini furono
strappati alle famiglie delle tribù dei nativi dal governo canadese e
chiusi in speciali "scuole residenziali" per cancellare ogni traccia
delle loro tradizioni, costringendoli ad accettare la civiltà e la
religione occidentale. Tenuti praticamente prigionieri, in condizioni di
denutrizione, di maltrattamento e spesso anche di abusi sessuali, a
migliaia morirono di stenti o malattie e vennero fatti scomparire nel
nulla. Fino ad oggi non esistevano prove concrete del misfatto
perpetrato dalle autorità di Ottawa: ma ora le ossa saltate fuori dal
terreno dove sorgeva una di queste scuole- prigioni nello stato di
British Columbia dimostra che non si trattava di una leggenda bensì di
un segreto mantenuto per troppo tempo.
«Sapevamo
che queste cose erano accadute nella nostra comunità, ma non eravamo in
grado di confermarle », afferma Rosanne Casimir, capo dei Tkemlups te
Secwepemc , la tribù che rivendica i resti dei corpicini come propri,
«per noi sono morti non documentate», dunque omicidi da investigare. Le
cause e la data dei decessi non sono ancora chiari, ma alcuni dei corpi
sembrano di bambini di appena tre anni. «Quello che è emerso oggi mi
spezza il cuore, è un doloroso ricordo di un capitolo vergognoso della
nostra storia», commenta il primo ministro canadese Justin Trudeau.
«Quelle scuole fanno parte di una ignobile politica coloniale », gli fa
eco Carolyn Bennett, ministra per le relazioni con gli indigeni.
«Purtroppo non è una sorpresa », osserva Richard Jock, presidente della
Nazione Indigena, l’organizzazione che riunisce le tribù di nativi del
Canada. «Ma le conseguenze continuano a farsi sentire per la nostra
gente. Vogliamo giustizia».
L’ultima
residential school per i figli degli indigeni ha chiuso poco più di
venti anni or sono. Ai bambini veniva proibito di parlare la lingua
nativa o di praticare la propria religione e le proprie tradizioni. Il
rapporto di una commissione chiamata a indagare nel 2008 aveva già
documentato l’orrore di queste istituzioni: molti bambini non vennero
mai restituiti ai genitori, molti morivano all’interno delle scuole e
venivano fatti sparire. Il vitto era scarso. Non c’era riscaldamento
d’inverno. Un sopravvissuto ha raccontato di suore che lo costringevano a
cospargersi il viso con la propria urina. Epidemie di morbillo e
tubercolosi erano frequentissime, anche perché i bambini dovevano
dormire a decine in una piccola stanza. Fra tre o quattromila perirono
in queste scuole senza lasciare traccia. Un successivo rapporto del
2015, denominato Truth and Reconciliation (Verità e riconciliazione), ha
equiparato la tragedia dei nativi del Canada a un «genocidio » e il
governo canadese aveva già presentato scuse ufficiali alle tribù
indigene per le violenze da esse sofferte. Ma adesso sarà aperta
un’altra inchiesta e ci saranno nuovi scavi in cerca di altre fosse
comuni. L’orrore continua.