giovedì 10 giugno 2021

COMMENTO AL BRANO BIBLICO DI DOMENICA 13 GIUGNO 32021

SEMINATORE: LAVORARE OGGI CON LO SGUARDO AL DOMANI

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
(Marco 4, 26-34).


Solo il Vangelo di Marco riporta la parabola del grano che cresce da sé, spontaneamente.

Non è difficile immaginare il contesto nel quale l'evangelista, rifacendosi alla testimonianza di Gesù, propone alla sua “comunità” questa parabola così eloquente.

A quel tempo si sapeva bene che cosa volesse dire fare il seminatore. Era un lavoro faticoso, fatto di amore alla terra, una scommessa contro le intemperie. Quel gesto della mano che spargeva il seme era pieno di trepidazione e di fiducia.

La parabola parte da una realtà molto conosciuta...

Il gruppo dei discepoli e delle discepole del nazareno, sia dentro il giudaismo di cui si sentiva parte, sia con i “ cosiddetti gentili”, incontrava notevoli difficoltà. La strada sembrava sbarrata e la loro testimonianza pareva cadere nel vuoto, senza portare frutto.

Vale la pena seminare e testimoniare quando non si vedono i frutti?

La domanda provocava una inquietudine profonda. Lo stesso Gesù doveva avere affrontato questo interrogativo radicale di fronte ai notevoli insuccessi, agli abbandoni, alle incomprensioni, alle opposizioni.

Solo l'affidamento totale a Dio gli aveva permesso di continuare il suo cammino. Questa era la memoria di Gesù, trasmessa di generazione in generazione.

NOI OGGI

In questa “società dell'efficienza”, con una “sindrome dell'immanenza e dell'immediatezza”, che invade le nostre vite quotidiane, non è facile sottrarsi a questa logica: se non vedo i frutti, mollo e passo ad altro.

La parabola non nega affatto l'importanza dell'opera del seminatore, ma c'è qualcosa che non dipende da lui, non tutto sta nelle sue mani.

Il regno di Dio, aveva insegnato e testimoniato Gesù, è questa semina operosa che però tutto affida a Dio.

Il seminatore fa la sua parte, ma è sempre una scommessa. Egli “scommette su Dio”, affida la sua fatica e tutto il suo impegno a Dio che conosce il campo e i tempi dei semi.

Diciamoci una difficile verità: quando nel mondo e nella chiesa lavoriamo con impegno e con coinvolgimento, vorremmo avere il taccuino di marcia, possedere i tempi della crescita dei frutti. Vorremmo constatare e toccare con mano dei risultati soddisfacenti.

Questo continuare a gettare semi di amore, di solidarietà, di passione nell'umiltà e nella perseveranza del piccolo solco della nostra vita, non è affatto scontato. Solo se entriamo nella dinamica del dono e dell'amore gratuito, possiamo davvero seminare e poi....accettare che la nostra parte è finita.

Il resto appartiene a Dio e al mistero dei cuori umani.

UN RICORDO DI GIOVINEZZA

Da giovane prete mi ero subito tuffato nel ministero con le persone più marginalizzate: rom, tossicodipendenti, spiantati vari, prostitute...

Quasi subito abbracciai la causa degli omosessuali ed entrai in sintonia con i teologi ribelli, con i gruppi biblici di base. Insomma …..una vita piuttosto sconvolta, anche negli orari e alquanto difforme dai sacri canoni....

Un mio carissimo amico, e non soltanto lui, certamente con grande affetto, mi scrisse una lettera in cui mi consigliava di “non seminare nel vento”, di “non disperdermi in gruppuscoli e in attività insignificanti” per dedicarmi piuttosto a qualcosa di più consistente: “fai qualcosa che resti, che lasci una traccia di te. Scrivi un libro di quelli che lasciano il segno”. Sembrava insegnarmi la strada per fare un po' di carriera...

Evidentemente l'amico pensava, sopravvalutandomi, che io fossi in grado di fare qualcosa di grande. Ma soprattutto il suo consiglio mi trovava spiritualmente ormai collocato su una strada diversa e in una direzione assai divergente rispetto alla sua proposta.

Fu proprio anche meditando su questa pagina del Vangelo e raccogliendo la testimonianza di alcuni miei amici e confratelli, a contatto con le famiglie che giungevano dal Sud-Italia, che compresi che la mia piccola mano poteva solo seminare, solo spargere piccoli semi e non mi sentivo chiamato per nessuna impresa, per nessuna grande cordata.

Nel corpo a corpo con questi fratelli e sorelle, la parabola del seme mi invitava a farmi seminatore tra i seminatori, sapendo che tutto è grazia, se qualche volta possiamo mietere qualcosa.

FRATELLO O SORELLA CHE LEGGI

Aiutiamoci in questa strada. Oggi spesso seminare la Parola sembra tempo perso.

Attorniati dal chiasso e immersi nella cultura della fretta, distratti da ogni parte da luci artificiali così intense da cancellare persino l'incanto del cielo stellato, chi darà un minimo di attenzione ad un seme?

Quando a sera esci di casa per un gruppo di lettura biblica , per un momento di preghiera o per un incontro di solidarietà, semini nel tuo cuore e testimoni ad altri che credi nell'azione silenziosa di Dio.

Scrive il teologo Antonio Pagola:” Nel Vangelo si trova la chiamata rivolta a tutti che consiste nel seminare piccoli semi di nuova umanità. Gesù non parla di cose grandi...Forse abbiamo bisogno di imparare nuovamente a valorizzare le piccole cose e i piccoli gesti...Seminando umanità, stiamo aprendo vie al Regno di Dio” ( pag. 83 Marco , Borla Edizioni).


DICE BENE IL SALMO 131...

Signore, il mio cuore non si inorgoglisce,

non cerco cose superiori alle mie forze.

Tengo l'anima mia serena e tranquilla.

Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,

come un bimbo svezzato è l'anima mia.

Attendi Israele, il Signore.

Ora e sempre.