martedì 20 luglio 2021

DA "SERVIZIO DELLA PAROLA " N. 528

 IN ASCOLTO DELLA PAROLA

Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamo come le altre volte: «Samuele, Samuele!», Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1 Samuele 9-10).

Fratelli e sorelle nel Signore, mi metto a stendere questa lettera pastorale sulla parola di Dio e subito mi trovo come bloccato nello scrivere. Ho davanti a me i numerosi suggerimenti ricevuti, che leggo e rileggo con attenzione e gratitudine. Sono tanti, e ricchi di spunti felici. In certo senso sono troppi, per riuscire a fonderli e a riassumerli in unità. Ma c’è qualcosa di più. Sento, quanto più mi addentro nell’argomento, che la parola di Dio è qualcosa che ci supera da ogni parte, che ci avvolge e che quindi ci sfugge, se tentiamo di afferrarla. Noi siamo nella parola di Dio, essa ci spiega e ci fa esistere. Come potremmo noi parlarne, farne oggetto della nostra riflessione, addirittura farla entrare in un progetto pastorale?

È stata la Parola per prima a rompere il silenzio, a dire il nostro nome, a dare un progetto alla nostra vita. È in questa Parola che il nascere e il morire, l’amare e il donarsi, il lavoro e la società hanno un senso ultimo e una speranza. È grazie a questa Parola che io sono qui e tento di esprimermi. «Nella tua luce vediamo la luce» (Sal 35, 10). Rivivo qualcosa dell’impressione di Isaia, che sentiva le labbra impure di fronte al mistero del Dio vivente (Is 6, 5). Vorrei dire come Pietro: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5, 8). Intuisco che sto per parlare di qualcosa che è come una spada a doppio taglio, che mi penetra dentro fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, che scruta i senti- menti e i pensieri del mio cuore (cf Eb 4, 12). [...] Mi accosto a questo mistero anche in atteggiamento di speranza. Il contatto vivo con questa Parola che, pur dimorando nell’intimo del nostro cuore, ci oltrepassa e ci attrae con sé verso un’immagine sempre più nuova e più pura di vita umana, produrrà certamente un benefico rinnovamento dei nostri modi di pensare, di parlare, di comunicare tra noi,

(C.M, MARTINI, La dimensione contemplativa della vita,

in ID., Parola alla Chiesa, parola alla Città, ITL

CED, Milano - Bologna, 47-48).



Si, devo tenderlo l’orecchio

se voglio riuscire a sentirti.

Perché tu non parli a voce alta,

non ti riveli nel fragore del tuono e della bufera,

non scegli il fragore terribile

del terremoto che tutto sconquassa,

né il rumore del mare in tempesta.

La tua voce è come il soffio di una brezza leggera.

E così la può intendere solo chi ha un orecchio teso,

un orecchio esperto, affinato, pronto.


Tra mille suoni che circondano

la mia testa e il mio cuore,

la tua voce si fa riconoscere

per il suo timbro inconfondibile.

È una voce che va dritta fino alla coscienza,

una voce che ridesta dal sonno,

che scuote e che ci mette davanti

ad un invito che cambia la vita,

davanti alle proprie scelte,

davanti alle proprie responsabilità.

La tua voce è dolce quando consola, sicura quando rianima,

terribile quando rivela il peccato che si annida nel cuore.

Non lasciarmi mancare, mio Dio,

questa Parola che nutre la mia vita,


Da “Il servizio della Parola 528

Queriniana