domenica 10 ottobre 2021

IL FASCISMO E' ANCORA PRESENTE

 Lobby nera. Fascisti del Terzo millennio

08-10-2021 - Volere la luna

Non ci hanno stupito le rivelazioni sulla “Lobby nera” contenute nell’ottimo lavoro d’inchiesta di Fanpage sulla presenza fascista in Fratelli d’Italia e rese pubbliche da La7 la scorsa settimana. Se sorpresa c’è stata (positiva) sta nel fatto che finalmente, dopo un lungo sonno, anche i media mainstream – televisivi e cartacei – sembrano essersi accorti della cosa e della sua intollerabilità.

Non ci ha stupito, quello squarcio nel velo di Maya, perché da lungo tempo avevamo denunciato quel sottofondo nero che sta sotto l’apparenza di normalità dei partiti della destra italiana, non solo quello di Giorgia Meloni ma anche quello di Matteo Salvini. Ce l’avevano insegnato centinaia di fatti “scandalosi”, riportati spesso dagli stessi grandi media e che tuttavia tali sembravano solo a noi, mentre venivano derubricati a episodi “di colore”, bizzarrie personali, macchiette inoffensive dagli stessi giornali che ne pubblicavano la notizia.

Quante braccia alzate nel saluto romano da parte non di semplici militanti ma di assessori o consiglieri comunali e regionali o dirigenti di partito abbiamo visto, nei comizi dei leader, nelle celebrazioni delle foibe, nelle stesse sale consigliari (esemplare il caso di Cogoleto). Quanti appellativi di “camerata!” – con tanto di orgoglioso punto esclamativo -. Quante proposte di intestazione di vie, piazze, giardini, a esponenti del regime in questi anni (Durigon, non dimentichiamolo, è ancora nel gruppo dirigente della Lega di Salvini).

Ancora le ultime elezioni amministrative sono state occasione di conferma di quel costume diffuso: sarà un caso se quella Rachele Mussolini ritratta con in mano un cartello che disconosce il significato del 25 aprile, a Roma ha ottenuto il maggiore numero di preferenze nella lista di Fratelli d’Italia?

E se il neoconsigliere di Fratelli d’Italia a Trieste, appena eletto con il secondo maggior numero di preferenze, appare ritratto in camicia nera e col braccio orgogliosamente teso nel saluto romano, tra un’aquila imperiale e un testone del duce bronzeo (sembra una caricatura ma purtroppo non lo è). E se a Torino (a Torino!) il neoeletto consigliere per Fratelli d’Italia nella circoscrizione 6 (Barriera di Milano, il quartiere in cui poco prima della Liberazione fu massacrato l’operaio Banfo della Fiat Grandi Motori da una squadraccia nera, e dove le lapidi sui partigiani uccisi non si contano) ringrazia con un post su Twitter tutti “i camerati” – che evidentemente non sono pochi – che gli “sono stati vicino” e che gli “hanno dato una mano”.

D’altra parte le liste di Giorgia Meloni avevano già ospitato un altro Mussolini – Caio Giulio Cesare, un nome che è un programma – il quale si distinse per la frase “Il fascismo? Ossessione per ignoranti. Anche Blair ha fatto una guerra sbagliata…”. E l’elenco potrebbe continuare a lungo tanto serialmente ripetitive sono queste esternazioni di “fede”…

Ora gli stessi media che avevano avuto un soprassalto di consapevolezza a caldo, con i 13 minuti di “Piazza pulita” ancora negli occhi e negli orecchi, sembrano ripiegare e placarsi per le ultime, faticose esternazioni di Giorgia Meloni di condanna di “nostalgie, razzismo e antisemitismo”, quasi fossero la restituzione a una innocenza mai perduta. Noi, sia permesso dirlo, non crediamo a quella ricopertura democratica, imposta dalle circostanze e resa inevitabile dal desiderio di rimanere presentabile e accettabile di fronte alle prossime scadenze politiche (in primis l’elezione del Presidente della Repubblica di cui il suo partito aspira a essere nell’ambito dei grandi elettori): “Parigi val bene una messa”. E il nicodemismo è un tratto tipico delle dirigenze politiche di questa destra.

In realtà se si analizza con un minimo di attenzione la biografia della Meloni – non quelle addomesticate uscite dalla sua penna o da quella dei suoi ghost writers – si scopre che la sua esperienza politica affonda le radici in quella destra estrema, almirantiana e missina, che rivendicava apertamente la propria discendenza dal fascismo, includendo addirittura il sacello del duce nel proprio simbolo (era la base da cui scaturiva la celebre fiamma tricolore). A 15 anni, ovvero nel 1992, Giorgia aderisce al Fronte della gioventù che non era – come ora lei tenta di far apparire – una struttura della revisionata Alleanza Nazionale – ma ancora tutta intera l’organizzazione dei giovani neofascisti. La conversione del Msi ad An sarebbe venuta due anni più tardi, nel 1994, per potersi consociare con Forza Italia nel sud e partecipare al governo Berlusconi, e la nota “svolta di Fiuggi” – quella della revisione ufficiale – è del 1995.

Meloni dunque è una militante “ante-marcia” – o meglio ante retro-marcia – e di quell’imprinting neofascista non ha perso le tracce (forse il pelo, ma non il vizio). Fratelli d’Italia nasce nel 2012 in ticket con Ignazio La Russa (che  il saluto romano non l’ha dimenticato) bypassando Fiuggi. Azzerando i passi compiuti da Gianfranco Fini (quel fascismo “male assoluto”, indubbiamente pesante per gli eredi di Salò), e tracciando una sorta di nuovo inizio non inquinato da abiure e rimorsi. Dentro, insieme all’eterogeneo Crosetto, forse ignaro o forse no, vi è transitato il nucleo duro degli scontenti di Fiuggi e dei mai convinti da Fini. Per questo la paccottiglia nera che emerge dall’iconografia diffusa delle piazze meloniane non è pura zavorra di cui liberarsi facilmente per poter finalmente volare alto: è innervata nella base elettorale di quel partito, nel reticolo della sua platea militante, contamina attivisti e in parte persino amministratori, fa da retrogusto e retro pensiero per tanti che votano e portano voti. Magari per un po’ la leader maxima li zittirà, per ragioni di opportunità (come più volte dichiara lo stesso Fidanza smascherato da Fanpage), ma possiamo scommetterci che quello zoccolo duro (e nero) non scomparirà.

Un aspetto, infine, di “lobby nera” ha introdotto tratti di novità anche per noi, che del resto eravamo avvertiti, ed è l’intreccio tra camicie nere e black money, tra identità neofascista in politica e pratiche illegali di finanziamento in economia, diciamo così, con banconote da riciclare nelle “lavatrici di area” e fondi neri transitabili nei trolley. Una rete che associa il peggio di quanto circola nel sottofondo d’Europa, su su fino alle liaisons dangereuses russe, che forse costituiscono l’aspetto più temuto dalla dirigenza di Fratelli d’Italia e la ragione della sensibilità mediatica alla cosa oltre che dell’allarme nelle sfere europee. E’ una tradizione della destra eversiva italiana questa commistione di fascismo, finanza nera, servizi più o meno deviati, lobbies occulte. La storia delle minacce alla democrazia dal “tintinnar di spade” dell’epoca del Sifar alla “strategia della tensione” e alle trame nere, fino ai segreti della P2, ne è zeppa.

Per questo – perché crediamo che non si debba abbassare la guardia e anzi che la si debba alzare più di prima – Volere la luna apre una sezione intitolata appunto “Allarmi son fascisti”. Avevamo dedicato un incontro della nostra Festa con quel titolo, al neofascismo diffuso, con la presenza di Tomaso Montanari – fatto oggetto di contumelie e minacce da quella stessa parte oggi smascherata nelle sue impresentabili pulsioni, e da alcuni tra gli stessi media che oggi trasecolano davanti alle esibizioni di Fidanza e del “barone nero” – e del partigiano Gastone Cottino. Il quale in quell’occasione, parlando dei partiti di Meloni e Salvini, disse: “Io penso sempre che non è mai troppo tardi per reagire. Ma non possiamo aspettare ancora. Vi assicuro che per chi appartiene alle generazioni del ‘23, ‘24, ‘25, ‘26, per chi nella Resistenza credette di riscattarsi, di ritrovare la dignità di cittadino, quello di oggi è uno spettacolo veramente ferale. Dà la sensazione che noi pochi superstiti, ormai alle soglie del commiato, lasciamo un paese in una condizione di decadimento politico che, non a caso, si accompagna alla reazione padronale, al ristabilimento di quel capitalismo che la pandemia sembrava dover accantonare, con la caduta del liberismo e dei falsi ideali che porta con sé. Ecco, io non posso accettarlo!”.

A quell’appello accorato a non desistere vogliamo rispondere da subito, con gli scritti e con l’attività sociale di chi non si arrende e non dimentica.