mercoledì 20 ottobre 2021

IN MEMORIA DI THOMAS SANKARA: ASSASSINATO IL 15 OTTOBRE 1987

 Ma chi era Thomas Sankara

Nato a Yako il 21 dicembre 1949, Thomas Isidore Noël Sankara ebbe la fortuna di studiare frequentando il liceo e l’accademia militare. Giovane brillante e dotato di carisma, tra le fila dell’esercito si distinse nel corso della guerra con il Mali.

Con il cambio di regime, al governo salì una coalizione formata da militari che il 10 gennaio 1983 lo nominò Primo ministro. In tale veste, nel marzo dello stesso anno, in occasione della settima Conferenza dei Paesi non allineati a Nuova Delhi, Sankara aderì al Movimento terzista di cui facevano parte, tra gli altri, la Jugoslavia di Tito e l’Egitto di Nasser, con l’apprezzamento del leader cubano Fidel Castro.

Viaggiando da Primo ministro, visitò l’Algeria, la Corea del Nord, Cuba e la Libia, dove incontrò il colonnello Muammar Gheddafi. I Paesi occidentali non gradirono gli avvicinamenti di Sankara ai Paesi non allineati e i suoi discorsi nei quali attaccava duramente i «nemici del popolo», interni ed esterni, puntando il dito contro chi si era arricchito alle spalle della maggioranza estremamente povera e contro gli «oppressori dei Paesi del terzo mondo». Così, il 17 maggio del 1983, lo fecero arrestare.

Pochi giorni dopo il suo arresto, le strade della capitale Ouagadougou si riempirono di manifestanti che ne chiedevano la scarcerazione, scandendo slogan anti-imperialisti e inveendo contro la Francia, ritenuta responsabile del putsch.

Il 4 agosto del 1983, i militari progressisti, con il sostegno di buona parte della popolazione, presero il palazzo presidenziale, la radiotelevisione e il quartier generale della gendarmeria, arrestando il presidente Ouèdraogo. La sera stessa, dopo aver istituito il Cnr (Consiglio nazionale della rivoluzione), Sankara si rivolse al popolo dell’Alto Volta, annunciando il cambio di regime: il comizio si chiuse con la frase «La patria o la morte, vinceremo!», che riecheggiava le parole del Che nel trionfo dei barbudos.

Tra le prime misure intraprese dal Cnr, presieduto dallo stesso Sankara – che vietò il culto della personalità, proibendo l’esposizione dei suoi ritratti negli uffici pubblici -, la riduzione dei costi della politica, la limitazione delle differenze salariali e la lotta alla corruzione.

A livello sanitario la situazione era drammatica, con tassi di mortalità infantile da capogiro: aumentarono medici e farmacie e milioni di bambini (anche provenienti da Mali e Niger) vennero vaccinati. In tema di istruzione vennero aggiunte le lingue autoctone tra i banchi e alfabetizzati trentamila adulti in pochi mesi. Il tasso di scolarizzazione passò dal 16% al 32%.

Particolare attenzione venne posta allo sviluppo sostenibile e all’emancipazione femminile, considerata una «necessità per il trionfo della rivoluzione». La donna, infatti, per Sankara era «doppiamente sfruttata: dall’imperialismo e dall’uomo». Le donne salirono così ai vertici dell’amministrazione, mentre i matrimoni forzati e la poligamia vennero aboliti. Ma non solo: il Codice della famiglia istituito da Sankara stabilì la parità tra uomo e donna e riconobbe alle donne il diritto di chiedere il divorzio, oltre a combattere la mutilazione genitale femminile.

Tutto, nell’azione politica del Cnr, seguiva i dettami della rivoluzione, compresi la cultura e lo sport, promossi come strumento di liberazione popolare. Nel 1984 il Burkina Faso retto da Sankara boicottò le Olimpiadi di Los Angeles in segno di protesta contro la partecipazione del regime razzista del Sudafrica.

Senza bandire l’impresa privata, considerata positiva se non in contrasto con la dignità e la sovranità del Paese, la linea economica di Sankara fu contraddistinta dalla volontà di rendersi indipendente dai dettami del Fondo monetario internazionale, che vincolavano gli aiuti economici ai Paesi in via di sviluppo alla realizzazione di ricette economiche neoliberiste. In questo senso, gli investimenti pubblici triplicarono e tutti i terreni agricoli e le riserve minerarie vennero nazionalizzati. Pur perseguendo uno sviluppo pianificato, però, Sankara non riuscì a recidere completamente il legame con i programmi di aggiustamento strutturale del Fmi – riassumibili nella formula “meno Stato e più mercato” – e con il franco Cfa, la moneta stampata in Francia considerata «un’arma per la dominazione degli africani».

Ma il più grande ostacolo allo sviluppo sognato da Sankara era il debito estero, che per il Burkina Faso nel 1987 ammontava a 794 milioni di dollari. In un celebre discorso tenuto davanti ai membri dell’Oua (Organizzazione per l’Unità Africana) il 29 luglio 1987 ad Addis Abeba, il leader burkinabé gelò i creditori internazionali, sostenendo l’immoralità del debito e proponendo un fronte comune degli Stati africani per rifiutarsi congiuntamente di estinguerlo.

«Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo, noi non possiamo rimborsarlo perché non siamo responsabili – queste le parole di Sankara -. Il debito nella sua forma attuale (…) è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono estranee e che ognuno di noi diventi uno schiavo finanziario di chi ha investito da noi». Presagendo le possibili conseguenze delle sue affermazioni, Sankara aggiunse: «Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il debito, non sarò qui alla prossima conferenza!».

Il suo obiettivo era la vera indipendenza per porre fine alla «dominazione economica e culturale» da parte delle potenze straniere, Francia in primis.

Imponendo a sé e alla classe dirigente voltaica uno stile di vita sobrio, allineato con quello della stragrande maggioranza della popolazione, Sankara riformò profondamente quello che era uno dei Paesi più poveri del mondo, migliorando le condizioni di vita di tanti suoi concittadini: ne sono esempio le campagne di vaccinazione per le malattie mortali comuni e per l’alfabetizzazione, ma anche l’attenzione all’ambiente e al ruolo delle donne in una società altamente patriarcale.

Ma gli interventi più scomodi del governo rivoluzionario furono nella politica economica, volta a raggiungere l’autosufficienza, contrastando le politiche di sviluppo neoliberiste imposte dalle istituzioni finanziarie internazionali, ritenute «criminali» e «assassine». Non a caso, forse, l’omicidio di Sankara – che a livello internazionale si era attirato parecchie antipatie – giunse pochi mesi dopo il suo celebre discorso di Addis Abeba, quando annunciò al mondo la sua ferma intenzione di non pagare il debito estero ed esortando gli altri Paesi africani a fare altrettanto. Un appello che rimase inascoltato.

Incastonata nell’Africa subsahariana occidentale e senza sbocchi sul mare, l’Alto Volta era una colonia che rivestiva scarso interesse economico per la madrepatria Francia, che la sfruttava sia come bacino di reclutamento di manodopera per le piantagioni dei vicini Mali e Costa d’Avorio sia a fini militari. Dei sette milioni di abitanti, più di sei erano contadini, con un’aspettativa media di vita di 44 anni e con un tasso di analfabetismo che sfiorava il 100%.

Attenuatasi la politica coloniale assimilazionista, che aveva imposto la lingua francese e i valori occidentali, la repubblica ottenne l’indipendenza nel 1960. Da lì, un susseguirsi di colpi di Stato senza reali cambiamenti per le masse popolari, fino alla rivoluzione guidata da Sankara che un anno dopo denominò lo Stato “Burkina Faso” (nelle lingue locali “la terra degli uomini integri”).

Tratto dal Blog di Daniele Barbieri