lunedì 25 ottobre 2021

Verso il deserto

(D.M. Turoldo, "O sensi miei" poesie 1948-1988, pag. 418)


Lasciai allora il piccolo paese,

pur io fanciullo emigrante:

un paese impaurito e muto

come un crocefisso;

e portavo nel sangue

il ricordo di mia madre

e delle donne vestite

come l'Addolorata.

 

Mi spingeva ad andare

inconscia fede

in un mondo amico;

e il proposito mi resse a lungo

di farmi a tutti fratello

e asciugare lacrime

e portare speranza.

 

Sentivo ingenuo

la terra non bastare

al mio cuore.

E mi spingevo avanti

sul mio cammino

che fioriva d'amicizie.

 

Ero felice

che vivere fosse

dare via la vita

senza chiedere nulla.

Fu un lungo, affaticato

ma gioioso tessere

di fili, giurando

che Lui fosse

l'unità del mondo.

 

E pur dopo che molti

fili si ruppero

per vicende impreviste,

ed altri anni lunghi di guerra

portarono, per scelte

insopprimibili, le prime

lacerazioni, e morte

cominciava a rapire amici

in molte città,

io mi ostinavo a credere.

 

E continuavo a sperare:

con il corpo in frantumi

con i sensi che urlavano.

Le volte che tentai

con infinita pazienza

di ricomporre la tela,

e la tela è rotta ancora!..

 

E che la mia chiesa fosse

altra cosa: almeno

la chiesa.