giovedì 18 novembre 2021

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA DI DOMENICA 21 NOVEMBRE 2021

DA CRISTO RE AD UNA CHIESA REGINA

Giovanni 18,33 - 37
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?". Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?". Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?". Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù". Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".

Una costruzione letteraria

Questa pagina del Vangelo, con  questo dialogo tra Gesù e Pilato, è una costruzione letteraria e teologica, particolarmente elaborata nel Vangelo di Giovanni, che registra la fede della comunità e le convinzioni dei primi discepoli e discepole di Gesù. Ovviamente nessun cronista era presente e nessuno può sapere se dietro questo racconto sia avvenuto un dialogo e quale dialogo tra Gesù e Pilato. E' probabile, secondo i più rigorosi studi storici e biblici, che Gesù come profeta apocalittico abbia alimentato l'illusione di un imminente intervento di Dio in chiave messianico - regale.

In ogni caso questa pagina del Vangelo spesso viene letta come una cronaca e così la gerarchia ha la pretesa di ricavare da una citazione biblica un universo teologico.

Origine della festa di Cristo Re
La liturgia cattolica ritaglia oggi per la meditazione questi pochi versetti perché in questa domenica in tutte le eucarestie viene celebrata la "Festa del Cristo Re".
Come si possa fondare su questi versetti biblici una certa concezione della "regalità" di Gesù è uno dei tanti "misteri" cattolici che forse possiamo tentare di "svelare".
Ma quando e come nacque nella chiesa cattolica la festa di Cristo Re?
L'iniziativa è assai recente.
Nel 1925, in un momento in cui la cultura, la politica e le masse stavano prendendo distanza dal fenomeno e dal potere religioso, il Papa Pio XI volle affermare "l'universale sovranità di Cristo in tutti i settori" della vita e della storia anche istituendo la festa di Cristo Re.
Con questa festività religiosa il Papa volle allora esprimere il suo totale disaccordo dal profilarsi di una realtà statuale che non riconoscesse la sovranità della chiesa, sposa di Cristo Re. Egli, anche con questa riaffermazione della centralità e sovranità di Cristo, si preparava a stipulare da posizione forte - come poi avvenne - i "Patti lateranensi e il Concordato tra stato italiano e chiesa" con Benito Mussolini nel 1929.

Conoscenza storica illuminante
Ovviamente questa festa è stata soprattutto ripresa e rilanciata da papi come Pio XII e Giovanni Paolo II perché si presta particolarmente a dare forza e prestigio alla chiesa cattolica. Se Cristo è "Re universale", la chiesa acquisisce e gestisce nel suo nome un "potere universale", una posizione regale che la colloca oltre e sopra tutti i poteri di questo mondo. Per una chiesa che ha un'anima imperiale non è poco poter "legittimare" in questo modo questo suo stile.
E' utile e liberante conoscere questi retroscena che ci forniscono una diversa chiave di lettura.
Sovente l'appiattimento sul presente, senza la conoscenza dei percorsi storici, ci priva di elementi preziosi per una attenta valutazione di fatti ed eventi e dei loro significati. Chi non conosce il formarsi storico, l'evoluzione del linguaggio attraverso i secoli e ignora ciò che sta dietro a certe formulazioni dogmatiche o a talune costrizioni devozionali, per ingenuità può pensare che Gesù abbia voluto un papa, abbia inventato la confessione, abbia deciso il celibato obbligatorio dei preti, abbia istituito i 7 sacramenti, abbia estromesso le donne dal ministero, abbia detto che sua madre era vergine...Tutte cose che il Gesù storico non ha mai nemmeno sognato. I dogmi e le dottrine non sono la fede. Spesso sono i più grandi ostacoli a credere (Ortensio Da Spinetoli e Tillich....).
Il discorso al riguardo sarebbe lunghissimo. 

Gesù senza trionfalismi
Ma, se torniamo alla pagina evangelica, anche oggi essa riscalda il nostro cuore. Gesù, in quella sovrana libertà che Dio gli ha dato, non si lascia ingabbiare in una definizione, non si lascia attrarre da un titolo glorioso. La polvere imperiale non si è depositata su Gesù. Egli ha percorso le strade della Palestina e ha vissuto l'incontro con le persone (quelle che nei palazzi dei grandi non vengono solitamente ascoltate) come un fratello, un "servitore", un profeta, un testimone dell'amore di Dio.
"Cristo Re" è un immaginario che è l'opposto di Gesù di Nazareth: "sono in mezzo a voi come colui che serve" (Luca 22,27). "Il figlio dell'uomo, ci attesta Matteo 20,28, non è venuto per essere servito, ma per servire". E quante "lezioni" Geù impartì ai suoi discepoli che spesso erano tentati di comportarsi come i "capi di questo mondo". Egli, il maestro che lava i piedi, non ha ceduto di un palmo alla tentazione del trionfalismo, della carriera, del potere.
Ma c'è di più. Il Vangelo di Giovanni, dopo la narrazione del segno della condivisione dei pani e dei pesci, dice che "Gesù, saputo che stavano per venire e rapirlo per farlo re, si ritirò nuovamente sul monte da solo" (6,15). Anziché approfittare del momento di entusiasmo popolare, si sottrasse.

Dio e i poveri
Per Gesù esiste un solo regno col quale si identifica, al quale aderisce con tutto il cuore. Il "suo" regno è il compimento della volontà del Padre, di "Colui che lo ha mandato". Gesù vive totalmente in riferimento a questa realtà. Il teologo cattolico E. Schillebeeckx dice che Gesù traspone sistematicamente l'epicentro della sua vita in direzione di Dio. Egli, anzi, con la predicazione, con l'esempio della sua vita, con l'insegnamento delle parabole non è semplicemente un maestro che parla di Dio, ma il testimone che cerca di coinvolgere chi lo ascolta perché si affidi all'azione di Dio. Questo orientamento totale della vita di Gesù, questa sua radicale disponibilità alla volontà di Dio, ne fanno per noi il testimone per eccellenza del suo regno.
Le nostre chiese rischiano proprio di predicare se stesse, di occuparsi della propria immagine, presenza ed efficienza, del loro castello istituzionale e dogmatico. Siamo davvero esposti anche noi, tutti noi, a occuparci d'altro rispetto al "regno di Dio".

Una compagnia solidale
Il richiamo di Gesù, la puntualizzazione che egli rivolge a Pilato, il suo vivere per rendere "testimonianza alla verità" sono parole che possono andare diritte al mio, al nostro cuore.
Il senso della nostra fede ha forse il suo centro qui: essere vivi e presenti nel mondo, partecipare alle vicende "mondane" con le nostre responsabilità e con i nostri "talenti" cercando, come singole e come comunità, di testimoniare, cioè di operare in conformità alla sequela di Gesù senza strombazzamenti, senza imporre vernici cristiane, senza grandi comparse, ma anche senza fuggire dall'impegno.
Gesù ha vissuto in pubblico senza farsi pubblicità.
Proprio sulla strada di Gesù, alla sua scuola, dobbiamo imparare come singole persone e come chiese un diverso stile di vita e di presenza nel mondo.
Ma, se siamo attenti/e ai segni dei tempi, al grido di Dio che si esprime in tante voci umane, se prestiamo ascolto alla testimonianza delle Scritture, se teniamo il nostro sguardo fisso sul Gesù storico e sulle sue scelte di vita, non avremo difficoltà a vedere quali sono le priorità e gli spazi in cui collocare e seminare amore, impegno, fiducia.

L'altra dimensione
Detto questo, per me regno di Dio significa anche interiorità, capacità di trasformare i nostri cuori, di nutrirli, di "collegarli" alla sorgente che è Dio. Si tratta, a mio avviso, di svestirci delle superficialità, di riscoprire il cammino della preghiera, della meditazione personale, del silenzio profondo. Se non nutriamo le radici, l'albero secca.
Senza nutrimento interiore le parole diventano chiacchiere e l'azione diventa attivismo.
Quando c'è interiorità e calore interiore tutto acquista un significato diverso. Perché Dio "regni nei nostri cuori" riscopriamo il valore dello stare in silenzio, di riaprire una pagina del vangelo, di ascoltare un racconto di sapienza, di fare un po'di vuoto, di contemplare un fiore, guardare il cielo, deporre un po' di fretta.....
Mentre già s'avverte nell'aria e compare nelle vetrine il frastuono del mercato natalizio, questo affannarsi dietro al nulla, propongo a me e a te una cosa semplice: prendiamoci l'impegno di creare dentro la nostra vita quotidiana tanti momenti di pausa, di silenzio, di ascolto, di interruzione.
Questo è collirio per i nostri occhi, miele per la nostra bocca, pace per i nostri cuori perché la vita non diventi un correre dietro al vento.

Ti benedico, o Dio
perché nella mia vita troppo affannata mi hai sempre regalato, tra una corsa e l'altra, momenti di pausa, di preghiera, di pace.
Tu sei per me il "silenzio che parla", il pozzo verso il quale muovo i miei passi, la sapienza che bussa alla porta del mio cuore.
Tu mi hai sempre fatto incontrare delle persone in cui ho visto brillare un raggio della Tua luce e del Tuo calore, vite semplici dal sapore dell'autenticità con cui ho potuto umilmente scambiare pensieri, esperienze, frammenti di saggezza.
Nella mia piccolezza di creatura accolgo fin dal profondo delle mie viscere il mistero della Tua sottile presenza.
E Ti dico GRAZIE.