lunedì 22 novembre 2021

LE PAROLE CHE USIAMO SULLE PERSONE COSTRETTE A MIGRARE

 Le parole che usiamo sulle persone migranti

Caterina Loffredi

Domani 14/11

Quando parliamo di questioni delicate come quelle legate alle migrazioni, dovremmo prestare ancora più attenzione alle parole che usiamo. Giornali e politica parlano ora di crisi migratoria al confine della Polonia, ma quella che definiscono crisi altro non è che la cattiva gestione di politiche che si trascinano da anni e che iniziano con le nostre opere di scellerato sfruttamento in Medioriente. 

Parlare di crisi vuol dire solo deresponsabilizzare le azioni dell'Occidente. E parlare di crisi di migranti vuol dire porre distanza tra noi e un loro che è solo una distorta semplificazione della realtà. Prima di tutto, quelli a cui ci riferiamo sono persone, non armi usate da Lukashenko, ma vittime di un sistema che nessuno ha davvero interesse a rivedere. L'Unione Europea si adegua oggi contro il leader bielorusso solo perché non può pagarlo come fa con il turco Erdogan o con i trafficanti libici. L'esternalizzazione delle frontiere serve solo a non far vedere in patria ciò che accade a pochi chilometri dei nostri confini, ma spostare lo sguardo non vuol dire risolvere la situazione che scegliamo di non vedere. Ci vorrebbe più coraggio, ci vorrebbe la voglia di rivedere davvero le nostre politiche migratorie.

Il coraggio di mettere da parte la convenienza e tornare all'etica.