domenica 20 marzo 2022

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fede e resistenza

 





SECONDA PARTE

 

Franco Barbero

LA NOSTRA VITA INTERROGA LA BIBBIA: LA PAROLA CHE FONDA LA RESISTENZA_14


PARTE III

 

Se nella 2a parte ho preso in considerazione la resistenza di singoli profeti di fronte all'arroganza del potere, qui vorrei ricordare - solo per accenni - tre situazioni di resistenza collettiva.

Si tratta di   

A) - Daniele (capp. 1-6)

B) - Maccabei (2 Macc. 6-7)

C) - Apocalisse 13

 

In realtà si tratta di opere profondamente diverse, anche se si notano parecchie affinità non solo letterarie.

A) Daniele è l'unico libro apocalittico dell'A.T., composto negli anni 167-164 a.C.: «esso trasse origine dalla situazione di conflitto caratterizzata dal tentativo di ellenizzazione di Antioco, dalla resistenza dei gruppi osservanti, dalla persecuzione nella fede e dall'inizio delle «lotte dei Maccabei. In questa situazione il libro doveva alimentare la «panienza e il coraggio degli Israeliti osservanti che soffrivano sotto la persecuzione, infondere loro nuova speranza ed incitarli a perseverare nella loro fede fino al martirio, sull'esempio di Daniele e dei suoi amici. Esso intendeva instillare in loro la certezza che il tempo della sofferenza sarebbe ben presto terminato, poiché si avvicinava il giorno in cui Dio avrebbe posto fine alla storia del mondo e a tutte le sue potenze, stabilendo la propria eterna signoria» (G. Fohrer).

Sono gli anni dell'insurrezione dei Maccabei. I primi 6 capitoli del libro di Daniele, con queste «storie edificanti» che narrano ed esaltano la fedeltà alla Legge di Dio di Daniele e dei suoi amici durante gli anni della deportazione a Babilonia, vogliono suscitare nei lettori lo stesso zelo per la Legge e la stessa capacità di «resistere» di cui ci danno esempio questi campioni della fede nel Dio d'Israele.

Si tratta di una memoria capace di suscitare nuove decisioni (anche se il timbro nazionalista delle pagine solleva problemi e a volte più che di zelo perseverante sembra trattarsi di fanatismo).

B) Nella stessa direzione, sia pure con tratti di entusiasmo fanatico per la Tora, si possono leggere i libri dei Maccabei. L'ellenismo viene avvertito come minaccia alla fede in Jahvè e combattuto con una ostinata resistenza, di cui abbiamo testimonianza nei due libri dei Maccabei, particolarmente in quelle pagine in cui si narra il martirio di Eleazaro e dei sette fratelli (2Mac 5-7). Qui i provvedimenti persecutori del re Antioco IV scatenano una vera e propria rivolta degli zelanti. In queste pagine viene presentata una scelta: o la fedeltà a Jahvè o la soggezione al sovrano. Si tratta di una scelta drammatica, di una fedeltà che ha il prezzo del proprio sangue.

C) Più nota è la situazione storica nella quale nacque il messaggio dell'Apocalisse, inviato alle «sette chiese dell'Asia» (1, 4). Si tratta di una parola di conforto e di consolazione» per dei cristiani (degli anni 90-100 d.C. circa) che si trovano a fare i conti con difficoltà interne ed esterne alla comunità.

Se all'interno della comunità serpeggiano uno spirito di compromesso con varie forme di idolatria, un certo rilassamento nella vita, un raffreddamento della carità e una sensibile perdita del fervore primitivo, all'esterno la persecuzione si fa più pesante. L'imperatore Domiziano (81-96) pretende onori divini. I cristiani che non accettano l'assurda pretesa del potere romano e del suo imperatore di essere chiamato «signore e Dio», si espongono al furore della persecuzione.

La bestia dell'Apocalisse, che rimanda alle bestie del libro di Daniele, rappresenta (non certo esclusivamente) il potere politico impersonato nell'impero romano, realtà satanica che perseguita i « santi», ha il potere di muovere loro guerra e di vincere (13, 7). Davanti all'arroganza del potere tutti chinano la fronte e adorano (13,8).

Il rifiuto di «coloro il cui nome è scritto nel libro della vita dell'Agnello immolato» (13, 8), comporta la prigione, la tortura, la morte, eppure è «proprio in questo che si verifica la fermezza e la fede dei santi» (13, 10). I cristiani sono chiamati a discernere, a resistere all'inganno della bestia, a non accettare il marchio, a pagare il prezzo della loro fedeltà all'Agnello: «Qui deve mostrarsi la fortezza perseverante di quelli che appartengono al Signore, mettono in pratica i comandamenti di Dio e rimangono fedeli a Gesù... Beati quelli che troveranno la morte uniti al Signore» (Ap 14, 12-13).

 

Di fronte alla grande prova che sorprende i cristiani, essi invocano che il Signore venga presto (Ap 22, 16-21), ma per attuare la vera «pazienza che resiste» non c'è altro che custodire nel cuore la luce e la forza della parola profetica (1, 3; 22, 7) sapendo che il Signore è presente alla vita dei cristiani e delle loro comunità. Egli «tiene «le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro» (Ap 2, 1). La «pazienza» dei santi, cioè la loro fortezza nella fede, si tinge qui di mille valenze. Essa si erge di fronte al potere che vuole coinvolgere tutti in una satanica liturgia idolatrica, lo smaschera, professa apertamente la fede in Gesù, persevera, si affida a Dio, non perde la speranza nella sua fedeltà.

C'è un tratto originale nell'Apocalisse: i cristiani, facendosi obiettori di coscienza, rifiutano il marchio della bestia, cioè non accettano altra signoria che quella di Gesù, non entrano nel coro osannante che adora «il sistema». Essi, condotti nel deserto della «tentazione», sottoposti alla prova, trovano nel Signore la forza di non accettare idoli, ma di restare liberi.

Ancora una volta le pagine bibliche annunciano che la speranza che resiste non ha altro fondamento se non la forza che viene da Dio, attraverso Gesù.

 
(continua 22,  22 marzo: Franco Barbero Parte IV)