venerdì 25 marzo 2022

ANCORA ARMI ALL'UCRAINA, NON E' UN SEGRETO

 Il Sentiero segreto dell’Occidente per rifornire di

 armi la resistenza ucraina

di Gianluca Di Feo


Lo chiamano il “Sentiero dei Javelin”, dal nome dei missili antitank più letali, evocando il “Sentiero di Ho Chi Minh” che faceva arrivare munizioni e fucili ai guerriglieri vietcong. I bombardieri americani B-52 non sono mai riusciti a bloccare quella fila di biciclette zeppe di granate e di portatrici scalze piegate sotto gerle di proiettili. Oggi invece autisti solitari di anonimi furgoni, pick-up e fuoristrada corrono di notte attraverso l’Ucraina per consegnare alla resistenza le armi donate dall’Occidente, cambiando così le sorti del conflitto.

Nonostante rinforzi massicci, da giorni la marcia dell’armata russa procede con una lentezza esasperante e un livello di perdite altissimo: due fattori che possono obbligare il Cremlino a fermare l’offensiva. Questo risultato militare dipende dall’efficacia di missili e razzi portatili consegnati dall’Europa e dagli Stati Uniti ai soldati e ai volontari di Kiev, che si sono rivelati strumenti decisivi nell’annullare la superiorità delle divisioni corazzate russe, così come i sistemi antiaerei Stinger impediscono agli elicotteri di proteggere la marcia delle avanguardie, lasciandole esposte alle imboscate.

Fermare il flusso di questi rifornimenti bellici è difficile. Ed è un’operazione che moltiplica il rischio di un confronto diretto tra la Nato e gli invasori. L’hub è nell’aeroporto polacco di Rzeszow Jasionka, a soli cento chilometri dal confine, dove da due settimane atterrano senza sosta voli militari di tutti i Paesi dell’Alleanza Atlantica, almeno quattro quelli dall’Italia. Lo scalo è presidiato dai parà americani dell’82ma divisione a cui si sono aggiunte due batterie di Patriot, in grado di intercettare missili e bombardieri: uno scudo che tiene lontana ogni minaccia.

Dalla base polacca gli equipaggiamenti bellici raggiungono i magazzini dell’esercito ucraino nelle città della zona occidentale, quella risparmiata finora dai combattimenti: sono i terminali del “Sentiero dei Javelin”, da cui il viaggio prosegue verso il fronte a bordo di camioncini o semplici automobili. I missili Nlaw e i razzi Panzerfaust sono lunghi meno di un metro e mezzo: in una station wagon ne entrano dozzine e ciascuno può distruggere un carro armato.

I russi cercano di colpire il flusso di armi prima che si disperda in piccoli rivoli, prendendo di mira i poli di distribuzione. Gli agenti del Gru, l’intelligence militare, sono stati scatenati nelle città per localizzare gli snodi del trasferimento di ordigni. I loro rapporti dal campo, integrati con le intercettazioni delle comunicazioni radio, hanno spinto il Cremlino a lanciare i raid degli scorsi giorni.

Poiché nella regione occidentale le difese contraeree ucraine sono ancora attive, i russi hanno affidato l’attacco ai missili cruise a lungo raggio, scagliati da bombardieri Tupolev 95. Sono questi gli ordigni che hanno distrutto le santabarbare di Dnipro, il polo del sostegno alle truppe che combattono nel Donbass, e di Ivano Frankivsk verso la Romania. E sempre una pioggia di cruise si è abbattuta sulla grande base militare alle porte di Lviv, l’antica Leopoli, dove si sarebbe tenuto anche l’inquadramento dei volontari stranieri che si uniscono alle brigate ucraine.

L’operazione russa prevede azioni diverse per spezzare la rete logistica. Individuare e colpire l’ultimo anello della catena – ossia i “pony express” che portano i missili sulla linea del fronte – è la cosa più difficile. Ma diversi analisti ritengono che i “droni kamikaze” entrati in azione a Kiev sabato abbiano questa missione: i piccoli robot volanti prodotti dalla Kalashnikov – la storica fabbrica dei mitragliatori passata a progettare anche ordigni hi-tech – restano in volo sulle zone della capitale dove arrivano i corrieri delle armi, seguendo le segnalazioni delle spie. Poi i droni aspettano il momento in cui furgoni o auto vengono scaricati e si lanciano contro di loro, facendoli saltare in aria. Ma neppure i guerrieri robotizzati sembrano capaci di piegare la determinazione degli ucraini.

La Repubblica14 marzo